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Mentre il Climate Change accelera, il Comune sonnecchia

Sono passati oltre sei mesi da quel 22 luglio 2019 nel quale il Comune di Parma aveva dichiarato, con una mozione votata dal Consiglio a larghissima maggioranza,  l’emergenza climatica. La mozione impegnava l’Amministrazione a “predisporre entro sei mesi un piano urgente e credibile(…)” per fronteggiare la sfida del Climate Change sia in termini di mitigazione che di adattamento. Ad oggi, purtroppo, non si vede traccia di quelle misure “concrete, veloci e radicali” che avevamo chiesto (clicca).

Per questo abbiamo inviato una lettera, che riportiamo di seguito, all’Assessora all’Ambiente Benassi e a tutti i membri del Consiglio Comunale, per chiedere conto delle azioni intraprese.

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Spett.le Comune di Parma, Gent.ma Ass. Tiziana Benassi, Gentili Consiglieri

Sono ormai trascorsi oltre sei mesi da quando, lo scorso 22 luglio 2019, il Consiglio Comunale di Parma ha approvato, a larga maggioranza e con abbondante eco mediatica, la Mozione di dichiarazione di Emergenza Climatica.

In questo periodo, per quanto sia dato sapere, ben poco è stato messo in atto per ottemperare agli impegni che la Mozione imponeva all’Amministrazione, per l’appunto entro il termine di sei mesi.

Siamo a conoscenza che qualcosa è stato predisposto di recente nell’ambito dell’efficienza energetica dei condomini, ma non ci risulta alcun piano che tenga insieme, in una visione multidisciplinare, organica, strategica, i temi indicati dalla Mozione: “(…) riduzione delle emissioni e per l’introduzione delle energie rinnovabili, per incentivare il risparmio energetico, nei settori della pianificazione urbana, della mobilità, negli edifici, nel riscaldamento e raffreddamento”.

Non risulta inoltre alcun atto concreto riguardo il secondo punto degli impegni assunti, cioè quello riguardante la predisposizione di un piano di adattamento locale, che riteniamo invece imprescindibile ed urgente, e la cui mancanza espone ogni giorno la popolazione di Parma ad un rischio crescente, vista la costante accelerazione del cambiamento climatico, confermata da tutti i dati osservati, sia globali che locali.

Vi chiediamo pertanto di informare nel dettaglio noi e i Cittadini degli atti assunti fino ad oggi in relazione a quanto disposto dalla mozione, nonchè dei programmi per l’immediato futuro.

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Dichiarata l’emergenza climatica. Ora chiediamo azioni concrete, veloci e radicali.

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Ieri, 22 luglio, il Consiglio Comunale di Parma ha approvato una mozione per la dichiarazione dello stato di emergenza climatica, che impegna l’amministrazione all’adozione di misure adeguate alla sfida che abbiamo di fronte.

Non è dato al momento sapere – commenta il WWF di Parma in una nota – in quali azioni concrete consisterà l’impegno dell’amministrazione, ma siamo comunque contenti che la questione del global warming sia stata finalmente portata al centro dell’attenzione. Sommando questa notizia all’annunciata candidatura a Capitale Verde d’Europa, si potrebbe pensare di trovarsi di fronte ad una rinnovata volontà politica, ad un cambio di passo sulla via della sostenibilità.

“A dire il vero – commenta Rolando Cervi, presidente del WWF di Parma- nella quotidiana attività amministrativa, il tema sembra spesso tenuto in ben poco conto: progetti come il chilometro grigio nel torrente o l’aerorporto cargo, l’incessante azione delle motoseghe a danno del verde urbano, o il recente rincaro del biglietto dell’autobus, per fare qualche esempio, non sembrano andare nella direzione auspicata. I maligni potrebbero addirittura sospettare che si tratti dell’ennesima medaglietta da appuntarsi a beneficio del pubblico di convegni e talk show televisivi, ma ci piace credere che questi dubbi verranno presto spazzati via da provvedimenti amministrativi al di sopra di ogni sospetto per velocità ed efficacia”.

Il nostro atteggiamento – preannuncia il WWF – sarà come sempre aperto al dialogo e propositivo, e vogliamo da subito mettere sul tavolo qualche proposta concreta.

Si dovrebbe ad esempio nominare una figura di riferimento all’interno della macchina comunale, un Delegato al Cambiamento Climatico di provata competenza e dotato di ampi poteri, che sovrintenda e coordini tutte le attività in qualche modo correlate, dalla gestione del verde, a quella della rete idrica, fino alla politica dei parcheggi.

Sarebbe inoltre venuto il momento di approvare un piano di adattamento al cambiamento climatico, come ha fatto ad esempio Bologna già da alcuni anni, per fronteggiare le minacce in maniera organica e strutturata.

O ancora, si potrebbe progettare e organizzare gli eventi di Parma 2020 mettendo al bando generatori a gasolio, stoviglie usa e getta, gadget e pupazzetti di plastica, per fare anche di questa prestigiosa vetrina un momento di sostenibilità praticata e non solo dichiarata.

Le cose da fare sono insomma davvero tante ed urgenti – conclude la nota del WWF – la sfida del cambiamento climatico è una delle più grandi che l’Umanità abbia mai fronteggiato, speriamo che Parma voglia finalmente fare la sua parte con la velocità e la radicalità che la situazione richiede.

Aria avvelenata e indifferenza: un mix letale

NON RASSEGNIAMOCIIl 2019 è iniziato esattamente come si è chiuso il 2018 per i parmigiani, così come per tanti compagni di sventura delle città padane: polveri sottili fuori controllo, aria avvelenata, pericolo di gravi malattie. Lo scorso anno i giorni nei quali la concentrazione di PM10 ha superato il limite di legge di 50 microgrammi/mc sono stati 45, di cui 10 nel solo mese di dicembre. Eppure, per vedere un giornale dedicare la prima pagina a questa vera a propria tragedia, abbiamo dovuto ricorrere ad un fotomontaggio, visto che il titolo riprodotto in realtà si riferiva a tutt’altro. Sul silenzio assordante e bipartisan della politica non crediamo occorra spendere ulteriori parole.

Mentre si stima che l’inquinamento uccida ogni anno oltre 80mila italiani, i cambiamenti climatici rappresentano in tutta evidenza la sfida più grave che attende l’umanità intera per i prossimi decenni. Il nostro augurio per il 2019 è che i media e la politica dedichino alla crisi ambientale uno spazio adeguato, continuare con l’attuale indifferenza rappresenterebbe un vero e proprio crimine contro la comunità della quale dovrebbero essere al servizio. Ma ci auguriamo anche che i Cittadini diventino consapevoli della gravità della situazione, e si rendano conto della necessità di cambiare il proprio stile di vita.

Lo stop agli Euro4 non basta, serve più coraggio per una vera mobilità sostenibile

d3000 1109Il WWF di Parma si schiera a favore dello stop alle vetture diesel euro4, deciso dalla Regione Emilia-Romagna per i centri oltre i 30.000 abitanti, che entra in vigore oggi, primo ottobre, anche a Parma.

Numerose prese di posizione di Cittadini e Associazioni, nonché le immancabili, disgustose speculazioni politiche, hanno già sottolineato che un numero consistente di famiglie sarà chiamato a modificare le proprie abitudini. Ovviamente – riconosce il WWF – a questi disagi è necessario dare risposte che attenuino l’impatto del provvedimento, senza però fare passi indietro, sotto forma della solita pioggia di deroghe generalizzate, sulla strada di una transizione ormai ineludibile.

Invitiamo tutti a tenere bene a mente qual è la posta in palio: si stima che quasi mezzo milione di Europei e oltre 80mila Italiani muoiano a causa dell’inquinamento ogni anno, e Parma si trova in una delle zone con la peggiore qualità dell’aria al mondo. Sono numeri degni di una guerra, che continuiamo a combattere con scarso coraggio e armi spuntate. L’abbandono delle auto più inquinanti, in particolare i Diesel, è una misura imprescindibile, e infatti in tutta Europa si susseguono annunci di città o intere nazioni che metteranno al bando i veicoli a gasolio (tutti, inclusi quelli di ultima generazione) entro pochissimi anni. Stesso destino toccherà poi alle auto a benzina, fino ad arrivare, in tempi non troppo lunghi, ad una mobilità libera dai combustibili fossili.

Come WWF Parma siamo perciò favorevoli alla strada intrapresa, e aggiungiamo che si tratta di misure ancora largamente insufficienti. Riteniamo infatti che, a prescindere dal carburante che le muove, sia indispensabile diminuire di molto il numero di vetture private circolanti, dando un fortissimo impulso al trasporto pubblico e incentivando la mobilità pedonale e ciclistica. Su questo ci sembra che, a Parma come altrove, si stia facendo davvero ancora troppo poco. Esortiamo perciò il Comune a dare concretezza alla “rivoluzione copernicana” annunciata dal Sindaco a S. Ilario, ma della quale per ora non si vede traccia, prendendo esempio dalle tante buone pratiche già intraprese in molte parti d’Europa: aumento e miglioramento delle piste ciclabili, aumento delle corse ed elettrificazione del trasporto pubblico, diminuzione dei parcheggi in prossimità del centro, estensione delle aree pedonali.

Crediamo insomma che le strategie sulla mobilità, sia a livello locale che nazionale e sovranazionale, più che discutere di euro4 o euro5, debbano partire dal presupposto che la sola auto veramente ecologica è quella che non circola.

il 2017 nel parmense, anno della mobilità INsostenibile

ponte casalmaggiore chiusoLa Settimana Europea della Mobilità si è appena conclusa anche a Parma e vogliamo richiamare l’attenzione sulle numerose “iniziative” per la mobilità IN-sostenibile che mai come quest’anno hanno interessato la nostra provincia. C’è solo l’imbarazzo della scelta, ci limitiamo a sottolineare i casi più eclatanti, molti dei quali sarebbero addirittura comici, se non costituissero una tragica minaccia per il futuro del Territorio”.

Nella Bassa Parmense viaggiano spediti i cantieri del moncone di AUTOSTRADA PONTETARO-TRECASALI, un progetto da oltre mezzo miliardo per 12 chilometri, la cui insensatezza è stata recentemente certificata dallo stesso Ministro Delrio.

Nel contempo un’ampia fetta di territorio è semiparalizzata dalla chiusura, dovuta a decenni di irresponsabile incuria e mancata manutenzione, dei PONTI SUL PO DI CASALMAGGIORE e RAGAZZOLA, per la cui sistemazione non si trovano pochi milioni di Euro.

La FERROVIA PARMA-PIADENA festeggia i cinquant’anni dall’annuncio della sua elettrificazione, mai realizzata. Ai lentissimi e inquinantissimi convogli a gasolio, tanti preferiscono una lunga deviazione in macchina.

La STAZIONE DI VAIO-OSPEDALE  continua ad essere saltata dalla metà dei treni. Per ovviare al problema, non si è trovato di meglio che finanziare un nuovo stralcio della tangenziale di Fidenza. Altro asfalto, altri appalti, altro suolo devastato.

La NUOVA STAZIONE DI PARMA continua ad allagarsi ad ogni acquazzone, a dispetto delle decine di milioni appena spesi per la faraonica e interminabile riqualificazione.

L’interconnessione con l’ALTA VELOCITA’, ad oggi particamente inutilizzata, ha il grave difetto di essere un’opera già pronta e già pagata con fondi pubblici. Meglio avventarsi su nuovi, ricchi bocconi come la TiBre e la rianimazione del già ampiamente defunto aeroporto.

La FERMATA DI CASCINAPIANO, nonostante abbia già mietuto vittime, non è ancora stata messa in sicurezza. E non c’è altro da aggiungere.

La GARA PER IL TRASPORTO PUBBLICO, con appalto da 288 milioni, vede al momento aggiudicazione sospesa e indagini in corso.

Il Piano Urbano Mobilità Sostenibile (PUMS) del COMUNE DI PARMA, approvato in marzo, non ha nemmeno la modesta ambizione di compensare l’aumento della domanda di trasporto: per il 2025 previsti 1000 spostamenti in automobile in più ogni giorno in una città che potrebbe essere agevolmente percorsa a piedi e in bicicletta.

L’inquinamento da PM10, dopo la fortunosa parentesi del 2016, torna alla sua triste tradizione. La centralina di Parma Montebello ha già raggiunto il limite di 35 sforamenti da inizio anno, tallonata da Parma Cittadella a quota 34. E i riscaldamenti sono ancora spenti.

Si tratta di argomenti sostanzialmente estranei al dibattito pubblico, completamente ignorati nella recente campagna elettorale, e della cui importanza nessuno sembra rendersi conto. Eppure, se vogliamo continuare a muoverci, paradossalmente dovremmo fermarci e riflettere.

Earth Overshoot Day, mai così presto

Earth Overshoot Day, il 2 agosto già finite le risorse della Terra per il 2017. E ogni anno va peggioOggi, 2 agosto, cade la poco gradevole ricorrenza dell’Earth Overshoot Day. Questo significa che da domani a fine anno ciò che consumeremo – energia, acqua, cibo – genererà un debito che i nostri figli saranno chiamati prima o poi a pagare. La data di questo giorno infausto, nel quale l’Umanità finisce di consumare le risorse che la Terra è in grado di fornire in un anno, cade sempre più in anticipo, a dimostrazione di quanto la crisi ambientale globale si aggravi sempre più.

Eppure, è ormai evidente a tutti quanto la situazione sia grave: il caldo anomalo e la drammatica siccità di questa estate ci dimostrano quanto siano pesanti le conseguenze del riscaldamento globale generato dalle attività umane.

Stiamo insomma toccando con mano le conseguenze di decenni di sfruttamento dissennato delle risorse naturali, condotto a carico di ogni tipo di ambiente in ogni parte del Pianeta. Dalla deforestazione dell’Amazzonia, alle trivellazioni nell’Artico, non c’è angolo del mondo che sia rimasto indenne. E anche a Parma non siamo stati a guardare: cementificazione selvaggia della Food Valley, progetti di autostrade inutili, centri commerciali senza senso sono solo alcuni esempi di stretta attualità.

Ciò che è più paradossale è che buona parte della pressione abnorme che esercitiamo sull’ambiente, non serve a farci vivere meglio, ma viene divorata dall’abisso dello spreco. Basti pensare ad esempio che, a livello globale, circa il 40% del cibo prodotto viene buttato via lungo tutta la filiera, senza mai arrivare in tavola: un’indecenza dal punto di vista etico, uno scempio sul piano ambientale.

Gli accordi di Parigi indicano invece una strada diversa, una strada che si fa sempre più stretta e tortuosa, per andare verso il futuro: è la strada della sostenibilità, della riduzione dei consumi e delle emissioni, della responsabilità. Quella responsabilità che purtroppo non dimostrano i troppi che, per incoscienza o malafede, propongono di uscire dalla crisi con la stessa ricetta con la quale ci siamo entrati: più PIL, più consumi, più prelievo di risorse.

tra approssimazione e malafede, non si ferma la disinformazione sul lupo

Questa la lettera di precisazione che abbiamo inviato alla gazzetta di parma a seguito dell’ennesimo episodio di cattiva informazione sul tema del lupo. Tra una foto delle vacanze, un’invettiva su un sacco del rudo incustodito, e la deontologia che ben conosciamo, non è detto che trovino lo spazio per pubblicarla..

alrticolo lupi gazzetta 22 8 16Come se non bastassero le uscite estemporanee di tanti politichetti locali in cerca di visibilità a buon mercato, siamo costretti a segnalare un caso di informazione scorretta ad opera della Gazzetta di Parma sul tema dei lupi. Ci riferiamo all’articolo di ieri, 22 agosto, che raccontava di un avvistamento nel langhiranese.

Il cronista, dopo poche righe, butta lì una frase che sarebbe trascurabile se ascoltata ai tavoli di un’osteria, ma che non può passare sotto silenzio quando appare nelle pagine di un organo di informazione: “Mentre si discute se reintrodurre i lupi in Appennino sia stato saggio…”.

Siamo stupefatti che sia ancora necessario chiarire che non c’è mai stato alcun programma di reintroduzione del lupo in Italia. É una leggenda che gira da tempo, priva di fondamento e di qualunque riscontro, e troviamo davvero incredibile che la si debba vedere rilanciata sulle colonne di un quotidiano.

I lupi hanno ripopolato l’Appennino naturalmente, grazie alle loro caratteristiche sociali e biologiche, agevolati da alcuni fattori che possiamo sintetizzare così: le leggi a protezione della specie, introdotte negli anni ‘70, che hanno messo fine a secoli di sterminio, salvandola dall’estinzione; la diminuzione della presenza e dell’attività umana sulle nostre montagne; l’aumento di prede, in particolare i cinghiali. É utile anche chiarire che i lupi liberi in natura con radiocollare a scopo di studio e monitoraggio, sono stati raccolti a seguito di bracconaggio, incidenti o avvelenamenti, curati e poi rilasciati nei luoghi d’origine.

Chiediamo di pubblicare questa rettifica con una visibiltà almeno pari a quella dell’articolo citato. Crediamo che l’opinione pubblica, evidentemente molto colpita dal ritorno del lupo sul nostro territorio, abbia il diritto di ricevere dai media informazioni con un minimo di fondamento, che non alimentino e rilancino chiacchiere false e tendenziose, poi ognuno sarà libero di costruirsi un’opinione sulla base della propria cultura e sensibilità.

 

Sulla strada del mare ricordiamoci la “tassa occulta” della TiBre.

manif no tibreCi sono notizie apparentemente lontane, che indicano chiaramente in che direzione va il mondo. Nei giorni scorsi, pochissimo rilievo ha avuto l’impresa di Solar Impulse II, un prototipo di aereo ad energia solare che ha compiuto il giro del mondo senza bruciare una goccia di carburante. Un volo verso il futuro, oggi relegato nei trafiletti delle pagine interne, ma del quale probabilmente i nostri nipoti leggeranno nei libri di storia.

Sempre in questo periodo, i giornali ci raccontano dei fragorosi buchi finanziari, e relativi risvolti giudiziari, di troppe “grandi opere” italiane, volute e portate avanti con la testa rivolta al secolo scorso e agli interessi dei soliti noti. La BreBeMi, inaugurata in pompa magna solo due anni fa in vista della grande abbuffata dell’Expo, continua la sua agonia fatta di traffico inesistente, denaro pubblico sperperato, azionisti in fuga. Pochi chilometri più a ovest, un altro progetto novecentesco come la Pedemontana Veneta rischia di non venire mai inaugurato, dopo avere devastato un territorio e triplicato i costi, trasformandosi in una polpetta avvelenata da parecchi miliardi per i conti pubblici. Progetti promossi da una classe dirigente che, a dispetto dell’attualità e del buon senso, continua a raccontarci che la ricetta dello “sviluppo” e della “ripresa” deve avere cemento, asfalto e petrolio come ingredienti irrinunciabili.

In questo quadro, colpisce la pervicacia con la quale i signori del cemento parmensi, con il ben noto codazzo politico bipartisan, insistano nel portare avanti il folle progetto pomposamente chiamato TiBre. Si tratta in effetti di molto meno, un moncone di asfalto di dieci chilometri che collegherà Pontetaro con il nulla della campagna di Trecasali. Il tutto devastando centinaia di ettari di (ex) Food Valley, al costo di mezzo miliardo di euro (no, non è un refuso, 513 milioni per meno di dieci chilometri!), raggranellati mettendo le mani nelle tasche degli utenti di Autocisa, i cui pedaggi aumenteranno dell’80% in pochi anni.

Vorremmo che i Parmigiani, mentre in questi giorni viaggiano verso le amate spiagge della Versilia o della Liguria, ricordassero che il salasso che subiranno al casello è questo: una “tassa occulta” per pagare il mozzicone di un’opera assurda, destinata a rimanere incompiuta, visto che i miliardi necessari per arrivare a Verona non ci saranno mai. Il progetto è al momento fermo al palo, e ci sono ancora possibilità di scongiurare il pericolo. Se però dovesse malauguratamente vedere la luce, tra qualche anno leggeremo di autostrada deserta, di buco finanziario tappato da noi contribuenti, di ennesima porcheria all’italiana. Speriamo che allora i Parmigiani si ricordino le voci critiche, del WWF e di tante Associazioni e Comitati, e i pochi, isolati Amministratori di piccoli Comuni della Bassa, che tentano di opporsi a questo scempio, tra lo scherno, quando non gli insulti, dei loro colleghi dalla schiena più flessibile.

LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA CONGELA LA TUTELA DELLA RETE NATURA 2000, UNA GRAVE DECISIONE

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Comunicato congiunto di WWF, Legambiente, LIPU

Stupore e disappunto delle Associazioni ambientaliste per la delibera regionale che sospende le Misure regolamentari relative al settore agricolo all’interno di rete Natura 2000.

“Ritirare il provvedimento e mostrare maggiore attenzione per la conservazione della natura”.

Bologna, 1° luglio 2016 – “Una decisione gravissima, che mette in pericolo la biodiversità dell’Emilia Romagna tutelata dalla rete Natura 2000 e che va immediatamente ripensata”.

Forti sono le preoccupazioni e il disappunto di  Lipu, Legambiente e Wwf per la delibera 710 del 16 maggio 2016 con la quale la Regione Emilia-Romagna ha sospeso, sino al 31 dicembre di quest’anno, le Misure di conservazione di tipo regolamentare relative al settore agricolo in tutti i siti Natura 2000, che presentano al loro interno habitat preziosi e tutelati a livello europeo.

“Si tratta di una scelta molto grave – dichiarano le Associazioni – che può determinare un colpo durissimo alla biodiversità regionale tutelata dai siti Natura 2000, con tutto il loro patrimonio di specie animali e vegetali, siti e habitat naturali legati all’agricoltura”.

La decisione regionale giunge peraltro in un momento in cui le Regioni italiane sono chiamate a risolvere la procedura di infrazione (n. 2015/2163) che la Commissione europea ha aperto per la mancata designazione delle Zone speciali di conservazione (Zsc) e la mancata adozione delle misure di conservazione. La sospensione delle misure regolamentari in ambito agricolo decise dall’Emilia Romagna ritarderebbe ulteriormente la protezione dei preziosi elementi naturali tipici del nostro ambiente agricolo, e fondamentali per la tutela della biodiversità, e li lascerebbe alla mercé di azioni tali da comprometterne, in alcuni casi anche gravemente, l’adeguata conservazione.

“Come se non bastasse – aggiungono le Associazioni – ci giunge  voce che la Regione ha anchedeciso di azzerare i fondi del Psr (Programma sviluppo rurale) 2014-2020 destinati ai pagamenti agro-climatico-ambientali dedicati alla biodiversità. Non saranno certo provvedimenti di questo genere, peraltro presi senza coinvolgere il Comitato di Sorveglianza del Psr, organo preposto al controllo dell’attuazione del programma,  a risolvere i problemi dell’agricoltura regionale mentre essi andranno ad aggravare la situazione proprio di quegli agricoltori virtuosi che hanno puntato sull’ambiente e la sua tutela”.

Con questi provvedimenti la Regione Emilia-Romagna subordina la conservazione della natura agli interessi economici legati ad un modello di agricoltura da tempo abbandonato dall’Unione europa con le ultime riforme della Pac. Oggi la tutela della biodiversità attraverso un efficace e efficiente gestione della rete Natura 2000 è infatti un obiettivo prioritario della Politica agricola comune dell’Europa.

Per tale ragione le tre Associazioni auspicano l’immediato ritiro di questi provvedimenti, ed hanno chiesto in queste ore un incontro urgente all’assessore all’Ambiente Paola Gazzolo, dichiarandosi pronte a percorrere tutte le strade democratiche e giuridiche per tutelare il patrimonio naturale dell’Emilia-Romagna, riconosciuto come bene comune dell’Europa e dell’Italia.

disboscamenti selvaggi sui fiumi: il comunicato delle Associazioni Ambientaliste

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Clicca QUI   e  QUI  per i materiali presentati al convegno dello scorso 22 marzo

Le associazioni ambientaliste – Legambiente, Lipu, ReteambienteParma, WWF, tornano sulla questione dei disboscamenti nell’alveo e lungo le fasce fluviali del torrente Parma a Langhirano e Lesignano de’ Bagni. I lavori effettuati nel Parma sono solo un episodio dei tanti segnalati alle associazioni ambientaliste in questi ultimi due mesi da cittadini preoccupati per la distruzione di ambienti boschivi ripariali: il Baganza a San Vitale, il Lorno, il Rio Masdone, il Canale Milanino e altri ancora. Poiché la responsabilità della manutenzione dei corsi d’acqua è in capo a una serie di enti pubblici che devono operare nel rispetto di norme che si ritengono valide e non è compito delle associazioni seguire in modo analitico ogni intervento, si è deciso di concentrare l’attenzione sul caso di Langhirano, come situazione esemplare riferibile a tanti casi analoghi.

Le associazioni quindi, dopo avere fatto presente alle autorità competenti vari dubbi sulla correttezza dei lavori in corso e supportate da esperti di ecologica fluviale, hanno provveduto ad eseguire delle verifiche sul cantiere con la finalità di fornire al Comune di Langhirano suggerimenti utili al fine di migliorare la qualità ambientale dell’intervento. E’ noto, infatti, che la vegetazione fluviale va rimossa in alcune situazioni di rischio, ma va mantenuta dove svolge funzioni positive, come il rallentamento della corrente a beneficio dei tratti a valle, la difesa delle sponde, il miglioramento dell’ambiente acquatico ed il collegamento ecologico.

Al termine delle verifiche sul campo e della redazione delle proposte le associazioni hanno riferito in conferenza stampa l’esito dei lavori. “L’autorizzazione ed il progetto erano piuttosto generici, così abbiamo consegnato al Comune una lista di suggerimenti per eseguire i lavori in modo corretto” affermaPedrelli, “ma a un successivo controllo nessuno dei nostri suggerimenti risulta recepito, anzi, emergono numerose gravi difformità anche rispetto all’autorizzazione del Servizio Tecnico di Bacino”. Fior elenca in modo sintetico i gravi danni verificati: apertura non autorizzata di nuove piste con conseguente distruzione delle praterie con orchidee e taglio quasi totale di un raro bosco di ontani a causa del passaggio dei mezzi, , eliminazione di saliceti arbustivi, tagli di alberi fino a 150 metri dall’alveo, dove la vegetazione non costituisce ostacolo al deflusso delle acque e quando le prescrizioni parlano di 10 metri, taglio a raso, mancata rimozione della ramaglia e conseguente aumento del rischio idraulico”. Ottolini lamenta la difficoltà a trovare un dialogo con le autorità competenti: “abbiamo evitato di aprire polemiche sulla stampa, siamo stati disponibili a più incontri, in Comune e presso l’area di intervento, abbiamo consegnato un progetto dettagliato sul come era possibile operare nel rispetto delle leggi e dell’ambiente fluviale, ma siamo ancora in attesa di una risposta scritta e purtroppo la risposta è già arrivata nei fatti. L’unico criterio seguito è stato quello della riduzione dei costi e della massimizzazione dei ricavi, derivanti dalla vendita del legname asportato, per la ditta che ha eseguito i lavori”. Infine le associazioni individuano tra le cause della distruzione della vegetazione e degli ambienti fluviali, la mancanza di personale competente sia in fase progettuale che di esecuzione dei lavori e la modalità realizzazione dei lavori con la cosidetta compensazione che incentiva la ditta a tagliare ricavando un utile dallo sfruttamento di beni pubblici e multifunzionali. Le aree interessate dagli interventi hanno così perso molte delle loro funzioni non ultima quella ricreativa: nessuno più vorrà farsi una passeggiata in quei luoghi che, ricordano le associazioni, sono da poco stati inclusi nella Riserva MaB Unesco dell’Appennino Tosco-Emiliano e meritavano quindi ben altro trattamento.