Archivi tag: terra

Earth Hour 2022: quale energia per Parma? 3 domande ai candidati Sindaci

Anche quest’anno, per la quattordicesima volta, il WWF celebra l’Ora della Terra, la grande mobilitazione globale di sensibilizzazione sull’emergenza climatica ed energetica.

Il tema è ancora più importante in queste ore buie, mentre si sta consumando il dramma dell’invasione dell’Ucraina, conflitto che ha al centro proprio i grandi flussi delle materie prime e delle risorse energetiche. Il WWF Parma rivolge ai candidati sindaci 3 domande sulle loro visioni per il futuro della città in tema di clima ed energia.

Se le grandi strategie energetiche sono appannaggio di scelte nazionali e sovranazionali, sono infatti proprio le scelte delle Amministrazioni Locali che porteranno queste strategie nella vita quotidiana dei Cittadini, rendendo possibile il contrasto alla catastrofe climatica e una maggiore indipendenza energetica.

  1. Con quali provvedimenti intendete promuovere il risparmio energetico e la transizione verso le fonti rinnovabili nel contesto pubblico e privato, residenziale e produttivo?
  2. Quali strategie e risorse intendete mettere in campo per realizzare gli impegni assunti dal Comune con la dichiarazione di emergenza climatica, finora disattesa? Nello specifico, qual è la vostra visione sul tema dell’adattamento al cambiamento climatico, con particolare riferimento ai fenomeni estremi che ci toccano quotidianamente come siccità, ondate di calore, eventi alluvionali?
  3. Quali piani avete per la mobilità di Parma, importante fonte di emissione di CO2 e causa rilevante (anche se non unica) della pessima qualità dell’aria, che secondo gli scienziati provoca la morte prematura di centinaia di parmigiani ogni anno? Quali scelte intendete portare avanti in tema di infrastrutture di mobilità, ivi compreso l’aeroporto Verdi?

Earth Hour 2022, patrocinata da ANCI, si celebrerà oggi 26 marzo a Parma con lo spegnimento delle luci sulla facciata del Palazzo del Governatore tra le 20,30 e le 21,30, grazie all’adesione del Comune di Parma.

La risposta di Andrea Bui di Potere al Popolo

  1. Con quali provvedimenti intendete promuovere il risparmio energetico e la transizione verso le fonti rinnovabili nel contesto pubblico e privato, residenziale e produttivo?

Riteniamo che il compito primario di un’amministrazione comunale sia quello di creare le condizioni e fornire gli strumenti affinché sia la collettività tutta a impegnarsi nel risparmio energetico e a supportare la transizione alle rinnovabili. Le scelte individuali sono importanti, spesso un primo passo necessario; mai, tuttavia, sufficiente. Esse richiedono, per rivelarsi efficaci, una strategia complessiva cui l’amministrazione deve dare un importante contributo. Che tale strategia debba essere urgentemente implementata è ormai noto ai più; per quanto ci riguarda, crediamo sia importante mettere in evidenza quanto le rinnovabili costituiscano sempre più energie per la pace, dal momento che solo su di esse è oggi possibile immaginare l’indipendenza del sistema elettrico nazionale (e locale).

Per quanto riguarda produzione e distribuzione di elettricità, il nostro approccio ci sembra ben interpretato dalle comunità energetiche. Si tratta di pratiche gestionali collaborative in grado di declinare, secondo soluzioni e strategie ottimali per l’ambito locale, l’impiego di fonti rinnovabili per la produzione sostenibile di energia. Le comunità energetiche, quindi sono un grande passo avanti rispetto alla somministrazione “alla cieca” di contributi per l’installazione di pannelli fotovoltaici, che in Italia ha riempito terreni, sottratti all’uso agricolo, di pannelli, senza che fossero noti gli eventuali benefici – né, tantomeno, la loro ripartizione.
Un altro aspetto positivo delle comunità energetiche è rappresentato dal fatto che non c’è bisogno di trasportare altrove una parte dell’energia prodotta, tramite la creazione di nuove infrastrutture inquinanti, in quanto la stessa viene consumata localmente.
La costruzione di comunità energetiche deve necessariamente coinvolgere cittadini ed associazioni. L’amministrazione comunale deve non soltanto costituirsi come socio, implementando soluzioni sostenibili a partire dagli edifici pubblici e dalle scuole, ma soprattutto fornire gli strumenti necessari alla realizzazione di tali comunità. Dunque la nostra proposta è quella di istituire a livello comunale la figura di facilitatore di comunità energetiche, a disposizione delle comunità per le questioni giuridiche e tecniche. Il Comune di Parma è inoltre da luglio scorso socio di AESS (Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile) che fornisce da anni consulenze, senza scopo di lucro, proprio in questo ambito (per le comunità energetiche, il riferimento è il progetto GECO a Bologna). Questa risorsa va condivisa con cittadini e associazioni per incentivare la formazione di soluzioni e comunità energetiche.

Infine, l’amministrazione comunale deve assicurarsi un dialogo continuo con l’Università di Parma e con le imprese, per portare a sintesi ogni singolo contributo alla transizione verso la sostenibilità.

  1. Quali strategie e risorse intendete mettere in campo per realizzare gli impegni assunti dal Comune con la dichiarazione di emergenza climatica, finora disattesa? Nello specifico, qual è la vostra visione sul tema dell’adattamento al cambiamento climatico, con particolare riferimento ai fenomeni estremi che ci toccano quotidianamente come siccità, ondate di calore, eventi alluvionali?

Da quando è nato, Potere al Popolo si dichiara ecologista e sostiene tutte le lotte ambientali, nella piena convinzione che la battaglia per la protezione della biosfera sia immediatamente azione di contrasto alle disuguaglianze sociali ed economiche, che si stanno sempre più inasprendo anche nella nostra realtà locale. In generale, dunque, la nostra visione è quella di aggredire le cause profonde del riscaldamento globale, proponendo politiche di mitigazione che salvaguardino i potenziali naturali di assorbimento di gas climalteranti – per esempio impedendo all’agribusiness di perseverare nelle proprie, criminali, pratiche di deforestazione. Allo stesso tempo, da una prospettiva più particolare, vediamo nelle politiche di adattamento uno strumento necessario e finalizzato alla riduzione del danno climatico – ormai, purtroppo, una realtà tangibile anche sul nostro territorio, come dimostra la drammatica secca del Po – specialmente sulle fasce più deboli e povere della popolazione.

Per quanto riguarda la siccità, non possiamo che inquadrarla nel contesto di un nesso ormai conclamato, quello tra acqua e cambiamento climatico. In questo senso, il nostro primo impegno è quello di rendere finalmente reale l’esito del referendum del 2011, tornando ad una gestione pubblica dell’acqua, l’unica in grado di mettere i bisogni delle persone davanti al profitto delle imprese. Va infatti sottolineato che solo il controllo popolare delle risorse – attraverso l’Amministrazione – può garantire efficaci politiche sia di mitigazione sia di adattamento. Da un punto di vista pratico, ciò significa in primo luogo avere la possibilità di riparare quelle inefficienze infrastrutturali che determinano oggi una perdita del 40% di questa risorsa durante la distribuzione, prima ancora che durante il consumo.

Una buona gestione della risorsa e il contrasto al cambiamento climatico significa anche supportare quel passaggio ad un’agricoltura sostenibile (appena inaugurato con la sigla del patto per il Biodistretto), che richiederebbe un uso più limitato e intelligente delle risorse idriche, oltre che una cura della biodiversità e del benessere del suolo, con un beneficio dell’intero ecosistema e contro fenomeni estremi. Allo stesso modo, vogliamo adoperarci per un drastico ridimensionamento dell’allevamento intensivo che massimamente consuma acqua e genera emissioni. In tutto questo l’amministrazione comunale può impegnarsi non solo mantenendo un dialogo con le associazioni che da anni studiano e portano avanti queste istanze, ma anche creando una figura apposita a livello comunale, cioè un delegato all’economia solidale.

Le soluzioni di cui sopra valgono anche in contrasto ai fenomeni alluvionali e alle ondate di calore. Inoltre, sosterremo la riduzione del consumo di suolo, attraverso una profonda riduzione delle nuove costruzioni ed una riqualificazione e ri-condivisione dell’esistente. Infine, promuoveremo gli eventi di de-sigillazione del suolo di cui conosciamo già alcune proposte per la città di Parma.

Un importante contributo al contrasto alle emissioni verrà dalle strategie rispetto ai trasporti, di cui sotto.

  1. Quali piani avete per la mobilità di Parma, importante fonte di emissione di CO2 e causa rilevante (anche se non unica) della pessima qualità dell’aria, che secondo gli scienziati provoca la morte prematura di centinaia di parmigiani ogni anno? Quali scelte intendete portare avanti in tema di infrastrutture di mobilità, ivi compreso l’aeroportoVerdi?

Il nostro piano per la mobilità può essere pensato come una politica sociale. Essa, infatti, produrrà simultaneamente un risparmio economico per le classi popolari e un beneficio di natura ecologica. Riteniamo che sia indispensabile investire nella realizzazione di nuove piste ciclabili e soprattutto nell’incremento dell’offerta di servizio pubblico, rendendo la mobilità condivisa davvero accessibile a tutte e tutti. Pensiamo però che questo, da sé, non basti: occorre che si abbini ad un cambiamento nei tempi e nei modi di vita delle persone – cambiamento che dipende dalle possibilità lavorative e da un accesso ai servizi che assistono famiglie ed individui in tutte le necessità quotidiane. In questo senso le nostre proposte per la mobilità sostenibile sono anche quelle che riguardano i servizi alla cittadinanza e le condizioni contrattuali di chi lavora in ambito pubblico.

Nell’ottica di una mobilità incentrata sui bisogni quotidiani delle persone, siamo fermamente contrari all’ampliamento dell’aeroporto Verdi: gli investimenti devono essere indirizzati verso sistemi sostenibili di trasporto, anche per le merci e su lunga distanza.

Nel tema generale dell’inquinamento generato dalla mobilità, rientra anche la nostra proposta sulla filiera agricola, cioè quella di aumentare gli spazi e le possibilità di vendita dei prodotti locali e stagionali sostenibili dalla filiera corta, a partire dal loro uso per alimentare le mense scolastiche gestite dall’amministrazione comunale.

La risposta di Enrico Ottolini di Europa Verde

  1. Con quali provvedimenti intendete promuovere il risparmio energetico e la transizione verso le fonti rinnovabili nel contesto pubblico e privato, residenziale e produttivo?

La transizione alle fonti rinnovabili e il risparmio energetico devono essere la priorità dell’agenda politica, sia per ridurre le emissioni che per garantirci l’autonomia energetica.

Il Comune di Parma può fare molto, innanzitutto promuovendo l’installazione di impianti fotovoltaici sui propri edifici, come le scuole e magazzini, e in altri spazi comunali. Penso ad esempio ai parcheggi, in particolare quelli scambiatori ma non solo. Sono aree che si prestano ad installare pensiline fotovoltaiche, come fatto ad esempio nel parcheggio della stazione di Fidenza. Queste pensiline, oltre a produrre energia e a poter alimentare colonnine di ricarica, garantiscono anche ombreggiamento nel periodo estivo, mitigando il surriscaldamento dei piazzali e delle auto in sosta.

Il Comune può inoltre promuovere la costituzione di comunità energetiche per la condivisione e l’autoconsumo della produzione di energia degli impianti fotovoltaici. E può fornire consulenza e supporto alle famiglie per gli interventi di risparmio energetico nel settore residenziale, snellendo anche le pratiche amministrative. Negli interventi di rigenerazione urbana vanno inoltre introdotti standard per l’autosufficienza energetica e il bilancio zero delle emissioni di CO2, anticipando l’obiettivo al 2030 previsto dalla nuova direttiva europea in materia di efficienza energetica degli edifici.

Nel fornire supporto e consulenza alle famiglie, ai condomini e alle imprese ritengo che un ruolo centrale debba svolgerlo ATES, l’Agenzia Territoriale per l’Energia e la Sostenibilità. L’amministrazione uscente voleva di fatto smantellarla facendola assorbire dall’Agenzia per l’energia di Modena. Noi crediamo che al contrario vada rafforzata, allargando la compagine sociale (oggi limitata a 6 Comuni), a tutti i Comuni della provincia e alla stessa Amministrazione Provinciale, in modo che possa essere di supporto anche per i piccoli Comuni del territorio

  1. Quali strategie e risorse intendete mettere in campo per realizzare gli impegni assunti dal Comune con la dichiarazione di emergenza climatica finora disattesa? Nello specifico qual’è la vostra visione sul tema dell’adattamento climatico con particolare riferimento ai fenomeni estremi che ci toccano quotidianamente come siccità, ondate di calore, eventi alluvionali?

Le proiezioni degli scienziati, e anche semplicemente l’esperienza di questi ultimi anni, ci dicono che a causa del riscaldamento globale andremo incontro alla crescita di intensità e frequenza di fenomeni meteo estremi che, oltre a mettere a rischio le nostre produzioni agricole, colpiscono anche e soprattutto l’ambiente urbano (pensiamo agli allagamenti, alle ondate di calore) e hanno ripercussioni sulla qualità della vita e sulla salute delle persone, soprattutto quelle più fragili come gli anziani.

Anche se anticipiamo l’obiettivo della neutralità climatica fissato dalla Unione Europea, sappiamo che ancora per alcuni decenni la temperatura continuerà a salire e che gli effetti di questo riscaldamento si faranno sentire. Oltre a ridurre le emissioni dobbiamo quindi anche adattarci ai cambiamenti climatici prendendo esempio dalle altre città europee che su questo punto si sono fortemente impegnate facendo degli interventi di adattamento una grande opportunità di riqualificazione e di miglioramento della vivibilità degli spazi urbani.

In una città come Parma serve un potenziamento del verde urbano, completamente trascurato da questa amministrazione, sottraendo spazi all’asfalto e al cemento e incrementando la permeabilità. Si possono fare micro-interventi, lungo gli assi viari ad esempio, come su grandi superfici, parcheggi, aree dismesse. Le stesse pensiline fotovoltaiche citate prima sono un intervento di adattamento. Va inoltre realizzata una cintura di boschi urbani e dei corridoi verdi che colleghino la città alla campagna. Da questo punto di vista vedo con molto favore l’iniziativa del Km Verde promossa da alcune imprese di Parma. Investire nell’infrastruttura verde e nella de-impermeabilizzazione ha un duplice effetto: aumenta ombreggiamento ed evapotraspirazione riducendo la temperatura e l’effetto isola di calore che fa sì che in estate vi siano in città 4-5 gradi in più rispetto alla campagna; aumenta l’infiltrazione nel terreno quando piove riducendo così il rischio di allagamenti

L’importante però che gli interventi di inverdimento e rimboschimento siano fatti bene, siano inseriti in un piano organico e soprattutto siano adeguatamente gestiti soprattutto nei primi anni di impianto, cosa che purtroppo non è stata fatta da questa amministrazione nei pochi interventi realizzati

Quali piani avete per la mobilità di Parma, importante fonte di emissione di CO2 e causa rilevante (anche se non unica) della pessima qualità dell’aria, che secondo gli scienziati provoca la morte prematura di centinaia di parmigiani all’anno? Quali scelte intendete portare avanti in tema di infrastrutture di mobilità, ivi compreso l’aeroporto Verdi.

Qui vado per punti:

  • il tema della mobilità e dell’inquinamento che ne consegue va affrontato a scala di area vasta, una grande quota del traffico proviene dagli spostamenti pendolari in entrata ed uscita dalla città;
  • occorre ridurre il traffico, aumentando l’efficienza di uso dei mezzi (car pooling) e fornendo valide alternative di spostamento: più ciclabili, meglio connesse, più sicure ed estese alle frazioni; più trasporto pubblico, razionalizzando percorsi e cadenzamenti e rafforzando le corsie preferenziali; più forme di mobilità condivisa (car-sharing); più pedonalizzazione riducendo il passaggio di veicoli in centro e sostituendolo con navette elettriche gratuite ad alta frequenza lungo gli assi est-ovest e sud-nord
  • occorre ridurre le emissioni dei veicoli: da questo punto di vista bisogna puntare con forza sulla mobilità elettrica, sia privata che del servizio pubblico. Tutti gli autobus entro la fine del mandato dell’amministrazione dovranno essere a trazione elettrica (abbiamo la fortuna di avere un’estesa rete filoviaria); va estesa e potenziata la rete delle colonnine di ricarica, garantendo anche ricariche gratuite con l’energia prodotta dagli impianti del Comune, nei parcheggi scambiatori, sull’esempio di Montechiarugolo.

Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto vedo proposte del secolo scorso contraddittorie con gli obiettivi di sostenibilità e qualità dell’aria dichiarati: noi siamo fermamente contrari all’allungamento della pista dell’aeroporto per i voli cargo; e siamo contrari anche alla Via Emilia Bis, pur riconoscendo che va risolto il nodo di San Prospero. Sosteniamo invece con forza il trasporto su ferro: il raddoppio della Pontremolese che può diventare una metropolitana di bacino per tutta la Val Taro; l’elettrificazione della linea Parma-Piadenza, togliendo le motrici a diesel che impestano la stazione; l’incremento dei treni ad alta velocità per Roma: non serve una nuova stazione in linea, ma un maggiore utilizzo delle interconnessioni esistenti, come già avviene per la tratta verso Milano

Pubblicità

Sconcertante l’ipotesi di un nuovo polo logistico a Fontevivo

Il WWF di Parma esprime il suo sconcerto di fronte all’annuncio di un nuovo polo logistico da oltre 500mila metri quadri nella frazione di Case Rosi. Un progetto che, qualora venisse approvato, avrebbe davvero dell’incredibile, visto che Fontevivo, e più in generale la nostra provincia, sono da molti anni ai vertici delle tristi classifiche nazionali del consumo di suolo.

La percentuale di terreno cementificato ha raggiunto a Fontevivo uno sbalorditivo 25,5%, il triplo della media regionale, addirittura più alta di contesti urbani come Parma e Fidenza, rispettivamente al 22% e al 13% (dati ISPRA). Il comune era già finito nel 2014 nel mirino dell’amministrazione provinciale di Bernazzoli, (non certo un covo di ambientalisti militanti) per l’evidente insostenibilità dell’ondata di cemento che lo stava travolgendo.

La sola ipotesi di nuovi insediamenti è ancora più paradossale se si pensa alle migliaia di mq di capannoni, uffici e piazzali vuoti, in molti casi da decenni, che chiunque può vedere percorrendo la Via Emilia tra Parma e Fidenza. Che ne sarà di questi spazi? Verranno mai riutilizzati, salvando dalle ruspe prezioso suolo agricolo, o resteranno per sempre come monumenti alla cattiva politica e alla sfrenata speculazione che si sta divorando il nostro territorio? Per quanto ancora la nostra classe dirigente si riempirà la bocca di food valley e di vocazione agroalimentare, per poi correre un minuto dopo a progettare nuovo cemento e asfalto?

Viene da chiedersi se i nostri amministratori siano misteriosamente rimasti impigliati nel XX secolo, se non si siano accorti che è arrivato il terzo millennio e che siamo in piena emergenza ambientale e climatica, se abbiano mai sentito parlare di stop al consumo di suolo, di sviluppo sostenibile, o semplicemente se conoscano il significato della parola “futuro”.

Due anni dalla dichiarazione di emergenza climatica, e nulla è cambiato

Riguardo al suo futuro Parma rischia grosso. Agli impatti crescenti del cambiamento climatico si assomma l’inazione di un’Amministrazione che non si sa se definire indifferente o distratta, se non semplicemente inadeguata.

ph: Rolando Cervi

Il campionario delle inadeguatezze ha ormai superato il limite e a nasconderle non basteranno le risposte propagandistiche e derisorie che il Sindaco spesso rivolge alla parte più responsabile e attiva della cittadinanza di cui, come Reti e Associazioni del terzo settore, siamo orgogliosi di far parte.

Il 22 luglio 2019 l’amministrazione ha dichiarato lo “Stato di Emergenza Climatica e Ambientale”, impegnandosi a predisporre entro sei mesi un piano urgente e credibile su emissioni ed energie rinnovabili, capace di incidere nella pianificazione urbana, sugli edifici, sul verde, sulla mobilità.

Non solo, sempre sullo stesso atto di due anni fa, il Comune si è impegnato a predisporre entro sei mesi un Piano di Adattamento locale agli effetti del riscaldamento globale per ridurre gli effetti negativi su popolazione e sistemi produttivi.

È il momento della verità.  Sei mesi sono sei mesi e non due anni, un Piano è un Piano e non un elenco di buoni propositi, le parole “urgente e credibile” hanno il loro significato. Il Piano di Adattamento è uno specifico strumento territoriale, di cui la vicina Bologna offre un esempio, avendolo approvato fin dal 2015.

Le forti carenze dell’Amministrazione sulla pianificazione delle azioni di adattamento, vale a dire di riduzione degli effetti del cambiamento climatico, è del resto attestata dall’Europa, visto che la recente candidatura di Parma a Capitale Verde Europea 2022 è fallita mancando dei requisiti richiesti.

Il riscatto dell’Esecutivo comunale poteva venire dal Piano Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC) che, per impegno preso con L’Europa, poteva disporre di due anni per la sua formazione e che invece è stato realizzato in tutta fretta per essere approvato a scadenza nel maggio 2021.

Il PAESC appena approvato non contiene nulla di quanto richiederebbero i termini Piano e Azione. Occorrerebbe infatti che, a seguito della valutazione dei rischi, fossero descritti gli interventi di mitigazione e adattamento con una precisa indicazione della loro distribuzione sul territorio e una chiara individuazione delle priorità e delle risorse necessarie per realizzarli.

A fronte degli impatti che i fattori di pressione esercitano su ambiente, economia e società il PAESC di Parma fornisce risposte del tutto generiche, senza mostrare significativi avanzamenti nella mappatura territoriale dei livelli di rischio e senza concretizzare significative azioni di adattamento.

Il PAESC che dovrebbe guidare e trainare il resto della pianificazione territoriale, quale ad esempio il PUG, Piano Urbanistico Generale (anche questo in via di elaborazione a pochi mesi dal termine del mandato amministrativo), resta solo un elenco di buoni propositi, come ciascuno può verificare scorrendo le “schede di azione” del Piano in cui sta scritto che “occorre accelerare la realizzazione di interventi.., favorire interventi..” e che “l’Amministrazione comunale intende promuovere.., potrà favorire il dialogo..”.

E poco importa che nel dicembre 2020 il Comune abbia siglato un accordo di programma, noto come “Alleanza Carbonica”, di cui si fa solo frettoloso cenno nella narrativa del PAESC, accordo partecipato da Regione, Provincia e altri soggetti pubblici e privati, che l’impegna al raggiungimento della neutralità carbonica del territorio provinciale entro il 2030. Una sfida in realtà gigantesca che richiederebbe una programmazione e pianificazione strategica molto complessa ed il raggiungimento di obiettivi specifici di breve, medio e lungo periodo da parte di tutti gli attori coinvolti.

I colpevoli ritardi del Comune di Parma in materia di gestione del cambiamento climatico provocano enormi danni alla nostra comunità, che non si limitano alla mancata pianificazione e programmazione. L’amministrazione prosegue infatti in una politica di sistematica mancata consultazione dei cittadini, anche quando essi si rendono disponibili al dialogo e alla condivisione di competenze, come si sta vedendo nel caso del “restyling” dello stadio Tardini, o nella promozione di progetti che si muovono nella direzione opposta a quella proclamata e necessaria, con il supporto ad opere quali l’aeroporto cargo o la TiBre Autostradale. 

E dire che l’impegno sottoscritto aderendo al “Patto dei Sindaci” obbliga il Comune a coinvolgere e sviluppare un’intensa collaborazione tra tutti i soggetti interessati:

1. cittadini, per creare una maggiore sensibilizzazione ed un sano dibattito pubblico;

2. mondo accademico e degli istituti di ricerca per sviluppare e migliorare la base di conoscenze e progettazioni ed essere consapevoli delle migliori pratiche internazionali;

3. professionisti come urbanisti, paesaggisti, ecc;

4. settore privato, per i meccanismi finanziari, il supporto nel creare soluzioni sostenibili anche sul piano economico ecc.

Sotto questo profilo non è un eccesso parlare di fallimento del modo in cui Parma è attualmente amministrata. Non si possono affrontare le grandi sfide senza coinvolgere i cittadini e neppure rimandare le relative decisioni. Se si vuole che le scelte di mitigazione e adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici siano efficaci occorre un impegno vero e intenso per dar corso a processi partecipativi di coinvolgimento della cittadinanza e di tutti i soggetti interessati.

Prof. Renzo Valloni

Arch. Umberto Rovaldi

ADA Ass. Donne Ambientaliste

Legambiente Parma

Lipu Parma

Manifattura Urbana

Manifesto San Leonardo

Parma Sostenibile

WWF Parma

Il mondo che verrà – scarica l’e-book

LIBERAMENTE SCARICABILE l’E-BOOK CHE RACCOGLIE TESTI DI ESPERTE ED ESPERTI DELLE DISCIPLINE SOCIALI, ECONOMICHE, DI SETTORE.

L'immagine può contenere: 1 persona, albero, testo, primo piano, spazio all'aperto e natura

 

  Clicca qui per scaricare l’ebook

Clicca qui per visitare la pagina della Campagna Il Mondo che Verrà

Nell’ambito della consultazione Il Mondo che Verrà, il WWF ha raccolto i contributi di 13 menti creative nel campo della sostenibilità economica, ambientale e sociale, (economisti, sociologi, esperti di settore e delle organizzazioni della società civile) che sono diventate un e-book liberamente scaricabile sul sito wwf.it. Si tratta di un ulteriore strumento di riflessione nei giorni in cui il governo, il mondo produttivo, quello del lavoro e la società civile si confrontano negli Stati Generali dell’Economia convocati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che per primo, lo scorso 3 giugno ha proposto di coinvolgere nella riflessione anche singole menti creative per contribuire fattivamente a costruire il futuro dell’Italia.

Due le domande poste dal WWF agli esperti e alle esperte esterni:

  1. nel momento in cui il Paese vede un consistente intervento pubblico per il risanamento e il rilancio dell’economia (solo dall’Europa sono attesi circa 173 miliardi di euro) è possibile salvare posti di lavoro e aziende e nel contempo dare centralità alla sostenibilità ambientale?
  2. quali sono le sue proposte per coniugare innovazione e scelte green per imprimere una svolta green al Sistema Italia?

Nell’invito rivolto alle persone che hanno dato il loro contributo il WWF ha detto di ritenere che, proprio nel momento in cui si apre il confronto per definire il Piano per il rilancio del Paese, le scelte green non debbano essere considerate una variabile indipendente o accessoria dell’intervento pubblico e ha ribadito che l’innovazione, l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema produttivo ed economico non possono che passare attraverso scelte che mettano subito al centro la sostenibilità ambientale e sociale in tutti i settori.

 

Dalle risposte articolate e positive alle domande del WWF di esperte ed nei campi della sostenibilità economica, ambientale e sociale nasce quindi l’e-Book WWF messo on line da oggi  sul sito wwf.it (clicca qui per scaricarlo) – dal titolo Costruiamo il futuro dell’Italia sostenibile e solidale – Un contributo di idee contro le gabbie concettuali che raccoglie i testi di: Catia Bastioli, amministratrice delegata Novamont; Elena Battaglini, dottore di ricerca in sociologia dell’ambiente e del territorio – Fondazione Di Vittorio – Cgil; Andrea Debernardi, ingegnere civile e dottore di ricerca in pianificazione territoriale ed ambientale; Monica Di Sisto, giornalista e vicepresidente dell’osservatorio italiano su Commercio e Clima, Fairwatch; Mauro Gallegati, docente di macroeconomia Università Politecnica delle Marche e Giacomo Gallegati, esperto di economie in via di sviluppo ed economia monetaria; Enrico Giovannini, professore ordinario di statistica economica dell’Università di Roma Tor Vergata e Portavoce ASviS; Giulio Marcon, portavoce della Campagna Sbilanciamoci Mario Pianta è Professore di Politica Economica alla Scuola Normale Superiore, Classe di scienze politiche-sociali di Firenze; Andrea Roventini professore ordinario di economia politica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; Linda Laura Sabbadini, statistica; Alessando Santoro professore ordinario di scienza delle finanze presso il DEMS dell’Università di Milano-Bicocca; Chiara Saraceno, sociologa.

 

Il 3 giugno, nel giorno della conferenza stampa del premier Giuseppe Conte sul rilancio del Paese il WWF presentato al Governo 50 idee, 50 proposte creative e sfidanti per il Governo su ben 18 campi di intervento per fare in modo che il futuro dell’Italia metta al centro la sostenibilità ambientale, la decarbonizzazione e l’economia circolare ne Piano di rilancio del Paese che verrà definito a settembre di quest’anno. Mentre il 12 giugno alla vigilia dell’apertura degli Stati Generali dell’Economia il WWF ha inviato al Governo il Decalogo per l’Italia sostenibile, che promuove l’Italia del “SI”, Sostenibilità (ambientale) e Innovazione.

 

LA CONSULTAZIONE ‘IL MONDO CHE VERRÀ’. Questo e-book si inserisce nell’ambito della Campagna Il Mondo che Verrà lanciata dal WWF l’11 maggio scorso. La Campagna di sensibilizzazione lanciata dal WWF e che ha l’obiettivo di raccogliere degli spunti costruttivi per superare gli effetti drammatici dell’emergenza sanitaria legata al covid e della conseguente crisi economica e sociale. (Clicca qui per partecipare alla consultazione)

 

SCHEDA SULL’E-BOOK WWF

 

“Costruiamo il futuro dell’Italia sostenibile e solidale –

Un contributo di idee contro le gabbie concettuali

 

I contribuiti salienti nelle parole degli esperti e delle esperte

  • Il contributo innovativo della bioeconomia – Catia Bastioli è convinta sia arrivato il momento di accelerare sui temi dell’economia circolare e della bioeconomia intesa come rigenerazione territoriale. Due le proposte presentate: 1. la creazione di un network di infrastrutture per il recupero e trattamento del rifiuto organico per utilizzarlo sia come compost che come biometano, nonché come bioprodotti; 2. l’inteconnessione tra uso dell’acqua agricola e la rete elettrica, creando una nuova infrastrutturazione consenta quando non sia attiva l’irrigazione, di procedere allo stoccaggio di energia nel servizio di dispacciamento nazionale.
  • Quale spinta dall’innovazione socio-territoriale – Elena Battaglini ricorda come l’innovazione non sia costituita solo da prodotti e brevetti ma sia un processo che fa leva sull’economia della conoscenza e dell’apprendimento e sorge nei territori, specie nelle città. La proposta si focalizza sull’esigenza di creare una governance dell’infrastrutturazione inclusiva e solidale delle politiche territoriali di innovazione, basate sul coinvolgimento degli attori sociali, sull’acceso alle infrastrutture della conoscenza e su un continuo dialogo con gli attori esterni.
  • Pragmatismo e sostenibilità nelle scelte infrastrutturali – Andrea Debernardi ritiene che sia arrivato il momento di: disintermediare la gestione delle risorse, riducendo il numero dei passaggi necessari alle decisioni sulle infrastrutture; valutare i progetti non solo ex ante, ma anche ex post; graduare la spesa con un processo continuo di verifica e monitoraggio. Le proposte riguardano: 1. la necessità di immaginare un grande programma di manutenzione e retrofit ambientale delle grandi reti infrastrutturali esistenti, a fini del miglioramento delle interconnessioni e dell’ambiente; 2. governare la domanda di mobilità attraverso le seguenti linee di intervento: sostenere trasporto pubblico, collettivo, condiviso; orientare il mezzo motorizzato individuale verso un uso “intelligente”; adottare tecnologie pulite.
  • Si può decarbonizzare il commercio – Monica Di Sisto ricorda come l’Italia possa giocare un ruolo importante su scala internazionale ed europea essendo il terzo Paese manifatturiero in Europa. Nelle proposte presentate si chiede di: 1. verificare che gli accordi commerciali con gli altri Paesi rispettino l’Accordo di Parigi sul Clima oltre alle regole della concorrenza (come fatto già da Francia e Spagna); 2. creare un organismo, uno spazio interministeriale, che abbia un dialogo regolare e trasparente con il Parlamento, le parti sociali e la società civile per un commercio più equo, ecologico e solidale.
  • Bond Verdi per il rilancio dell’Europa – Mauro e Giacomo Gallegati rilevano che dal 2015 al 2018 la Banca Centrale Europea con il Quantitative Easing ha acquistato bond degli Stati Membri per il valore di 2.600 miliardi di euro, 650 miliardi di euro annui. La proposta è quella che la BCE avvii un nuovo programma simile per finanziare l’European Green Deal a) acquistando ogni anno almeno 600 miliardi di euro di bond verdi e b) nel contempo, emettendo bond verdi per gli investimenti sotto il controllo della UE.
  • Il Paese deve accettare la “sfida trasformativa” nelle sue politiche pubbliche – Enrico Giovannini che richiama il sondaggio Ipsos condotto nel nostro Paese nel quale si rileva come il 72% degli intervistati ritenga che la crisi climatica non sia secondaria a quella indotta dal Covid-19 e che gli investimenti per uscire dall’emergenza debbano essere indirizzati verso il processo di transizione ecologica, nonché come le vecchie ricette e l’articolazione degli interventi pubblici non siano più adeguati per affrontare per tempo i continui shock a cui il mondo è sottoposto. La proposta per fare in modo che il nostro Paese vinca la sfida trasformativa per rendere il nostro sistema più resiliente è quelao di inserire il principio dello sviluppo sostenibile nella nostra Costituzione, come già fatto da Paesi come Norvegia, Francia e Svizzera.
  • L’intervento pubblico per la Giusta Transizione – Giulio Marcon ricorda come l’Italia abbia già mobilitato ingenti risorse per il sostegno all’economia prostrata dalla pandemia da Covid-19 – 25 miliardi nel Decreto Cura, 400 miliardi nel Decreto Liquidità e 155 miliardi (di cui 55 di indebitamento) nel Decreto Rilancio – e come si attendano i circa 173 miliardi di nuovi fondi dall’Europa. Le proposte riguardano: 1. la necessità di creare una filiera decisionale e strutture pubbliche ben definite e con chiare responsabilità per costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile; 2. destinare adeguati e mirati contributi pubblici alla giusta transizione per favorire l’innesco di competenze, tecnologie e know how nelle ‘vecchie produzioni’.
  • Un’agenzia e una Holding pubblica per l’Italia Sostenibile – Mario Pianta dichiara di essere convinto che ci sia la possibilità di un massiccio intervento pubblico per accelerare la transizione ecologica del Paese, ricordando come il sistema di welfare pubblico universale, ad esempio, pur indebolito negli anni, abbia svolto un ruolo essenziale nella tenuta del Paese durante la pandemia. Le proposte sono di: 1. creare un’Agenzia per gli investimenti pubblici che realizzi un grande piano sostenibile di investimenti nelle infrastrutture materiali e sociali, comprese scuole, ospedali, casa, piccole opere; 2. formare una holding pubblica, sgravando da un ruolo improprio la Cassa Depositi e Prestiti, in cui concentrare le partecipazioni delle grandi imprese (da ENI ad ENEL) con obiettivo la sostenibilità ambientale, il rafforzamento tecnologico, la qualità dell’occupazione.
  • Puntiamo ad una elettrificazione spinta dell’economia – Andrea Roventini rileva che, pur a fronte di una crisi senza precedenti con un calo verticale del PIL del Paese, si debba e si possa pensare ad una nuova fase di crescita sostenibile e inclusiva. Le proposte: 1. Il primo intervento “a costo zero” è approvare una Legge sul Clima che fissi anche nel nostro Paese, come richiesto dall’Europa, l’obiettivo di zero emissioni di gas serra per il 2050, come già fatto da Gran Bretagna e Nuova Zelanda; 2. puntare ad una elettrificazione spinta della nostra economia in modo che la domanda di energia soddisfatta dall’elettricità passi dall’attuale 20% al 70%, puntando sulle energie rinnovabili in sostituzione dei combustibili fossili nei trasporti, nel riscaldamento e nelle industrie; 3. sviluppare e diffondere l’idrogeno verde che potrebbe permettere di immagazzinare e trasportare l’energia da fonti rinnovabili e utilizzarla nel settore dei trasporti e nei processi industriali.
  • Politiche sociali per lo Sviluppo SostenibileLinda Laura Sabbadini ricorda come l’aumento della povertà assoluta tra il 2007 e il 2008 è stato contrastato da due importanti ammortizzatori sociali: cassa integrazione e famiglia. L’una ha protetto i capofamiglia, l’altra i giovani che perdevano o non trovavano lavoro. Ma le famiglie hanno dato fondo ai risparmi, si sono indebitate per proteggere i figli e per mantenere inalterato lo standard di vita, fino a quando, nel 2012, non ce l’hanno fatta più e la povertà assoluta è fortemente aumentata. Da allora è diminuita solo nel 2019 per effetto del reddito di cittadinanza. Le proposte sono, tra le altre: 1. arrivare almeno al 60% di occupazione femminile come obiettivo intermedio visto che l’Italia è il fanalino di coda dell’Europa dato che ora meno di una donna su due (meno de 50%) nel nostro Paese lavora; 2) favorire lo sviluppo di una agricoltura sostenibile, nella produzione e nella filiera agroalimentare, economicamente vantaggiosa per gli agricoltori, rispettosa dell’ambiente, socialmente giusta, contribuendo a migliorare la qualità della vita sia degli agricoltori (conduttori, braccianti, migranti) che dell’intera società.
  • Imposte ambientali per il breve e lungo periodoAlessandro Santoro richiama i dati Ocse, aggiornati al 2015, che testimoniano come nel nostro Paese il carbon pricing gap, ovvero la differenza tra il prezzo teorico di una tonnellata di emissioni di CO2 (prezzo benchmark) e il prezzo reale – a sua volta calcolato come somma di ETS, imposte ambientali e carbon tax – sia pari al 46%. Le proposte: 1. prima dell’introduzione di una vera e propria carbon tax, si ritiene che sia possibile intervenire nei prossimi 2-3 anni con una revisione delle aliquote IVA in modo da favorire le filiere di produzione e consumo più sostenibili; 2. nel medio periodo, poi, si potrebbe procedere gradualmente ad una riforma fiscale con riduzione delle aliquote dell’Irpef per i redditi medio bassi, introducendo nel tempo cambiamenti nel nostro sistema fiscale con maggiori imposte ambientali e minori imposte sul lavoro.
  • Obiettivo: equità territoriale, intergenerazionale e di genereChiara Saraceno mette in guardia contro i fenomeni, resi evidenti dalla crisi derivante dalla pandemia, del dissesto sociale e territoriale, che si riscontra in varie parti del Paese e che favorisce lo spopolamento dei territori marginali, e il digital divide, che ha creato fenomeni di squilibrio legati alla poca dimestichezza tecnologica e che ha amplificato le distanze territoriali e sociali. Le proposte avanzate sono: 1. varare un piano sistematico di messa in sicurezza del territorio che, richiedendo azioni e competenze diverse, mobiliterebbe una domanda di lavoro diffusa e articolata e che contribuirebbe anche a contrastare lo spopolamento delle aree interne e marginali; 2. realizzare un programma operativo per colmare il digital divide con adeguamenti tecnico-infrastrutturali e programmi di formazione capillari per la popolazione; 3. un forte investimento sulle nuove generazioni per superare le diseguaglianze che si formano già dalla più tenera età – a partire dal sistema educativo – e per rendere effettive e praticate le pari opportunità tra uomini e donne.

Roma, 18 giugno 2020

nuovo documento IPCC sul rapporto tra cambiamento climatico e suolo

L’IPCC, Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’ONU, ha pubblicato il rapporto speciale Climate Change and Land (SRCCL) su clima, desertificazione, degrado del suolo, gestione sostenibile del territorio, sicurezza alimentare e flussi di gas serra negli ecosistemi terrestri. Il Report è stato approvato mercoledì 7 agosto 2019 a Ginevra, e presentato in conferenza stampa l’8 agosto. A questo link trovate la versione ridotta, il Summary for policymakers, al momento disponibile in inglese, ma che dovrebbe presto uscire nella traduzione italiana.

Per capire l’importanza del tema, basta leggere il paragrafo di apertura del report:

“Il suolo fornisce le basi fondamentali per la vita e il benessere umano, tra cui cibo, acqua dolce, e molteplici servizi ecosistemici, oltre alla biodiversità. L’uso umano impatta direttamente più del 70% (tra il 69 e il 76%) della superficie del globo libera da ghiacci. Il suolo gioca un ruolo importante anche nel sistema climatico. “

report ipcc suolo.jpg

OVERSHOOT DAY: OGGI L’UMANITÀ HA ESAURITO IL ‘BUDGET’ ANNUALE DEL PIANETA

STIAMO UTILIZZANDO LE RISORSE DELLA TERRA COME SE AVESSIMO A DISPOSIZIONE 1,75 PIANETI

Secondo i calcoli del metodo dell’Impronta Ecologica promosso dal Global Footprint Network, oggi 29 luglio l’umanità avrà utilizzato il budget di risorse naturali che il nostro Pianeta ci ha messo a disposizione per quest’anno. Secondo questi calcoli l’umanità sta attualmente utilizzando le risorse del pianeta come se disponessimo di 1,75 pianeti.

Si tratta di un sovrasfruttamento che è reso possibile perché continuiamo, anno dopo anno, a consumare il nostro capitale naturale. La ricchezza del nostro capitale naturale costituisce anche la base del nostro benessere e del nostro sviluppo. Non imboccare la strada dello sviluppo sostenibile (come indicato dall’Agenda 2030 approvata nel 2015 da tutti i paesi del mondo in sede Nazioni Unite e da tutte le grandi convenzioni internazionali, come quelle sul cambiamento climatico, sulla diversità biologica, sulla desertificazione, costituisce un errore gravissimo per il nostro immediato futuro.

Non possiamo avere uno sviluppo umano con un Pianeta saccheggiato e che ha sempre più difficoltà a provvedere alle capacità di rigenerazione dei sistemi naturali per le generazioni future. I costi del nostro sovrasfruttamento li constatiamo nella continua deforestazione, nell’erosione del suolo, nella perdita di biodiversità, nell’accumulo di gas climalteranti (in particolare l’anidride carbonica) nell’atmosfera.

Secondo il calcolo dell’impronta ecologica nel 1970 il nostro consumo di risorse naturali era pari alla produzione sostenibile delle risorse sul pianeta: da allora si è andato erodendo fino a raggiungere, anno dopo anno, l’attuale 29 luglio, la data più anticipata mai registrata.

In questi giorni le Nazioni Unite hanno inoltre presentato l’ultimo World Population Prospects 2019, il 26° rapporto di questo tipo che include gli avanzamenti sulle stime della popolazione mondiale dal 1950 ad oggi, con le proiezioni circa l’entità della possibile popolazione a partire da quest’anno sino al 2100, anno per il quale il report 2019 prevede una popolazione di circa 11 miliardi di abitanti (per l’esattezza 10 miliardi e 875 milioni).

La popolazione mondiale che oggi è di 7,7 miliardi di abitanti crescerà di altri 2 miliardi nei prossimi 30 anni e diventerà di 9,7 miliardi nel 2050. La popolazione mondiale attuale risulta essere quasi 10 volte di più degli 800 milioni di persone che si stima vivessero nel 1750, data indicata come inizio della Rivoluzione Industriale, e continua a crescere a un tasso di circa 83 milioni di individui l’anno.

Anche la popolazione urbana è cresciuta con grande rapidità. È passata dai 746 milioni di abitanti del 1950 giungendo quasi ai 4 miliardi del 2014. Si prevede che la popolazione urbana incrementerà di 2,5 miliardi nel 2050, sorpassando quindi in quel periodo i 6 miliardi. Alla metà di questo secolo avremo una popolazione urbana equivalente alla popolazione globale che era presente sul pianeta nel 2002.

Le nuove proiezioni del Prospects 2019 indicano che la popolazione mondiale continua a crescere anche se i tassi di crescita sono molto diversi a secondo dei paesi e delle aree geografiche. Nove paesi faranno più della metà della popolazione globale prevista da qui al 2050 e sono, in ordine decrescente dell’incremento atteso, India, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, la Repubblica Unita di Tanzania, Indonesia, Egitto e Stati Uniti d’America. Per fare un esempio, l’Africa subsahariana passerà dagli attuali 1 miliardo e 66 milioni a 2 miliardi e 118 milioni nel 2050. Non possiamo continuare con la crescita della popolazione, la crescita dei consumi, la crescita della profonda ineguaglianza sociale ed economica che sta soffocando il nostro mondo. È fondamentale cambiare rotta e prima lo facciamo meglio è.

L’intervento umano, come ci ha ricordato il recentissimo Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services dell’IPBES, l’organismo delle Nazioni Unite che svolge per la biodiversità, il ruolo svolto dall’IPCC per il clima) sta rendendo almeno un milione di specie viventi in via di estinzione nei prossimi decenni, su di una stima delle specie esistenti ritenuta intorno agli 8 milioni. Il tasso totale di estinzione delle specie è già oggi a un livello che supera dalle decine alle centinaia di volte la media del livello di estinzione verificatasi negli ultimi 10 milioni di anni. E’ già stato sin qui documentato persino il rapido declino di diverse popolazioni di insetti in alcune aree e in diversi paesi, in particolare di molte specie impollinatrici fondamentali per il futuro della nostra alimentazione (gli studiosi ritengono valida una stima del 10% complessivo di specie di insetti minacciati globalmente di estinzione).

L’intervento umano ha inoltre trasformato significativamente il 75% della superficie delle terre emerse, ha provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche ed ha distrutto l’85% delle zone umide. Questo sconcertante tasso di cambiamento globale della struttura e delle dinamiche degli ecosistemi della Terra, dovuto alla nostra azione, ha avuto luogo in particolare negli ultimi 50 e non ha precedenti nella storia dell’umanità. Le cause principali sono, nell’ordine, la modificazione dei terreni e dei mari, l’utilizzo diretto delle specie viventi, il cambiamento climatico, l’inquinamento e la diffusione delle specie aliene.

Il WWF richiama l’attenzione sulla grande sfida per il 2020, anno in cui scadranno alcuni importanti target dell’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvata da tutti i paesi del mondo alle Nazioni Unite nel 2015, scadrà la strategia decennale (2010-2020) per la difesa della biodiversità mondiale in ambito della Convenzione ONU sulla Diversità Biologica e inoltre si rivedranno gli impegni volontari presi da tutti i paesi per concretizzare l’Accordo di Parigi del 2015 della Convenzione Quadro ONU sui Cambiamenti Climatici. Già sappiamo, dalle attente analisi sin qui svolte, che i contributi volontari dichiarati dai vari paesi, anche se fossero tutti concretamente realizzati, non basterebbero a mantenere la temperatura media della superficie terrestre sotto i 2°C di crescita rispetto all’epoca preindustriale.

Un’occasione unica per mettere a sistema un insieme di proposte operative e concrete mirate soprattutto allo sforzo senza precedenti necessario per la nuova strategia decennale futura (2020-2030) destinata a fermare la perdita di biodiversità nel mondo, che costituisce l’assicurazione fondamentale per la vita di noi tutti. Dovremmo cercare di proteggere almeno il 50% della superficie del nostro pianeta entro il 2030 avviando per questo anche un’ampia operazione di ripristino degli ecosistemi mondiali come annunciato dalle stesse Nazioni Unite che hanno lanciato nel marzo scorso l’avvio del decennio dell’Ecosystems Restoration.

Per questo il WWF sta cercando di mobilitare governi, parlamenti, imprese, organizzazioni, cittadini per un grande Global Deal per la Natura e la Gente (Global Deal for Nature and People) affinchè tutti si impegnino concretamente a ristabilire un equilibrio tra natura e umanità.

L’Overshoot Day ricorda a ciascuno quanto umanità e natura e siano interdipendenti e tra di loro connesse e proprio per raccontare questa connessione, il WWF lancia in occasione della giornata di oggi un nuovo video “Noi siamo Natura” scritto e diretto da Giacomo Cagnetti e Rovero Impiglia (www.jackandrov.com) raccontato dalla voce di Flavio Aquilone con musiche di Cristiano Corradetti.


Nel video, i due registi marchigiani ci ricordano quanto l’essere umano e la natura siano interdipendenti e connessi: dalla luce del sole, alle onde del mare, dal caffè della mattina agli abiti che si indossano, “noi siamo la speranza, noi siamo il coraggio delle nostre scelte, l’origine di tutte le connessioni, noi siamo natura”.

Dichiarata l’emergenza climatica. Ora chiediamo azioni concrete, veloci e radicali.

no planet b

Ieri, 22 luglio, il Consiglio Comunale di Parma ha approvato una mozione per la dichiarazione dello stato di emergenza climatica, che impegna l’amministrazione all’adozione di misure adeguate alla sfida che abbiamo di fronte.

Non è dato al momento sapere – commenta il WWF di Parma in una nota – in quali azioni concrete consisterà l’impegno dell’amministrazione, ma siamo comunque contenti che la questione del global warming sia stata finalmente portata al centro dell’attenzione. Sommando questa notizia all’annunciata candidatura a Capitale Verde d’Europa, si potrebbe pensare di trovarsi di fronte ad una rinnovata volontà politica, ad un cambio di passo sulla via della sostenibilità.

“A dire il vero – commenta Rolando Cervi, presidente del WWF di Parma- nella quotidiana attività amministrativa, il tema sembra spesso tenuto in ben poco conto: progetti come il chilometro grigio nel torrente o l’aerorporto cargo, l’incessante azione delle motoseghe a danno del verde urbano, o il recente rincaro del biglietto dell’autobus, per fare qualche esempio, non sembrano andare nella direzione auspicata. I maligni potrebbero addirittura sospettare che si tratti dell’ennesima medaglietta da appuntarsi a beneficio del pubblico di convegni e talk show televisivi, ma ci piace credere che questi dubbi verranno presto spazzati via da provvedimenti amministrativi al di sopra di ogni sospetto per velocità ed efficacia”.

Il nostro atteggiamento – preannuncia il WWF – sarà come sempre aperto al dialogo e propositivo, e vogliamo da subito mettere sul tavolo qualche proposta concreta.

Si dovrebbe ad esempio nominare una figura di riferimento all’interno della macchina comunale, un Delegato al Cambiamento Climatico di provata competenza e dotato di ampi poteri, che sovrintenda e coordini tutte le attività in qualche modo correlate, dalla gestione del verde, a quella della rete idrica, fino alla politica dei parcheggi.

Sarebbe inoltre venuto il momento di approvare un piano di adattamento al cambiamento climatico, come ha fatto ad esempio Bologna già da alcuni anni, per fronteggiare le minacce in maniera organica e strutturata.

O ancora, si potrebbe progettare e organizzare gli eventi di Parma 2020 mettendo al bando generatori a gasolio, stoviglie usa e getta, gadget e pupazzetti di plastica, per fare anche di questa prestigiosa vetrina un momento di sostenibilità praticata e non solo dichiarata.

Le cose da fare sono insomma davvero tante ed urgenti – conclude la nota del WWF – la sfida del cambiamento climatico è una delle più grandi che l’Umanità abbia mai fronteggiato, speriamo che Parma voglia finalmente fare la sua parte con la velocità e la radicalità che la situazione richiede.

15 marzo 2019, in marcia per il clima. una data che non dimenticheremo!

downloadNon dimenticheremo facilmente la marea di oltre 8mila ragazzi scesi in piazza a Parma il 15 marzo per la grande mobilitazione globale sul clima. Un’intera generazione in tutto il mondo ha gridato con forza il suo “basta!” all’indifferenza, alla passività, all’attendismo sui cambiamenti climatici. E’ stata un’emozione potentissima mettersi in marcia con questi ragazzi, un’onda determinata, colorata, pulita, che ha fatto del 15 marzo una giornata da ricordare e celebrare negli anni a venire. IN QUESTO BREVE VIDEO abbiamo raccolto un po’ delle immagini, e speriamo anche delle emozioni, di questo venerdì memorabile.

abbattimento di alberi: la situazione è grave ma non seria

Nei giorni scorsi, come preannunciato da tempo, la sponda destra del Torrente Parma è stata oggetto di un intervento di asportazione di buona parte della vegetazione presente. Abbiamo documentato il tutto con un po’ di fotografie, che abbiamo montato in questo video, condito con un po’ di (amara) ironia.

Come detto, e come sottolineato anche dal Comune di Parma in risposta alle proteste degli amici di Legambiente, il progetto era stato presentato a settembre in una riunione della Rete per Parma Città Verde, di cui anche il WWF fa parte. In quella sede, anche in considerazione del coinvolgimento di una Area di Riequilibrio Ecologico, AIPO (responsabile della gestione degli alvei fluviali) ci aveva presentato un progetto di “taglio selettivo”, che avrebbe eliminato gli alberi secchi o pericolanti, e ridotto le specie invasive (ailanto, robinia, ecc), a favore delle specie di maggior pregio, con una stima di abbattimento di circa il 30% degli esemplari esistenti. A domanda specifica, ci era stato risposto che il sottobosco (importante quanto gli alberi ai fini ecologici, vista la grande varietà di specie a cui offre cibo e protezione) sarebbe stato tagliato solo ove necessario per la circolazione dei mezzi d’opera.

Dal momento che la principale motivazione addotta per questo intervento è la sicurezza idraulica, nel rispetto più assoluto delle competenze, prerogative e responsabilità di AIPO, che fa questo di mestiere, ci permettiamo di segnalare che: 1) l’area in questione è già stata interessata più volte da piene importanti, tra cui quelle del 2014 (alluvione di Parma) e del 2017 (alluvione di Colorno), senza creare né subire danni rilevanti; 2) che bisogno c’era di radere al suolo tutto il sottobosco, che non ha alcun impatto, se non positivo, sulla sicurezza idraulica?

I risultati li possiamo vedere nelle foto che pubblichiamo di seguito, nelle quali confrontiamo il prima e il dopo. Crediamo che non richiedano ulteriori commenti.

Living Planet Report 2018 – IL WWF PUBBLICA IL RAPPORTO SULLO STATO MONDIALE DELLA BIODIVERSITÀ

IL WWF PUBBLICA IL RAPPORTO SULLO STATO MONDIALE DELLA BIODIVERSITÀ

“UN GLOBAL DEAL PER LA NATURA E LE PERSONE”

scarica il report completo (inglese)       scarica la sintesi in italiano

DAL 1970 AL 2014 DECLINO DEL 60% DELLE DIMENSIONI DELLE POPOLAZIONI DI VERTEBRATI

NEGLI ULTIMI 50 ANNI L’IMPRONTA ECOLOGICA DEL MONDO È CRESCIUTA DEL 190%

CONTINUANDO COSÌ NEL 2050 RESTERÀ SOLO IL 10% DELLA SUPERFICIE DELLE TERRE EMERSE IN CONDIZIONI NATURALI

LlAkqETA.jpegLa natura è la nostra unica casa e l’unica strada che abbiamo per salvarla (e salvarci) è lanciare un Global Deal per la natura e le persone capace di invertire il drammatico trend della perdita della ricchezza della vita sulla Terra, base del nostro benessere e del nostro sviluppo, agendo con urgenza per garantire in modo sostenibile l’alimentazione a una popolazione crescente, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e ripristinare i sistemi naturali che stiamo perdendo.

È questa la richiesta del Living Planet Report 2018 del WWF (realizzato con il supporto di più di 50 esperti e in collaborazione con la Zoological Society of London) lanciato oggi a livello mondiale e che, sin dalla sua prima edizione del 1998, ha sempre fornito un’istantanea della biodiversità globale e dei suoi trend. Tutte le ricerche scientifiche dimostrano l’incalcolabile importanza dei sistemi naturali per la nostra salute, il nostro benessere, la nostra alimentazione, la nostra sicurezza. Globalmente è stato stimato che la natura offre servizi che possono essere valutati intorno a 125.000 miliardi di dollari, una cifra superiore al prodotto globale lordo dei paesi di tutto il mondo, che si aggira sugli 80.000 miliardi di dollari.

 

Un indice delle popolazioni di animali. L’Indice del Pianeta Vivente (Living Planet Index) è un indicatore dello stato della biodiversità globale, elaborato dal WWF e dalla Zoological Society of London, che ci segnala quindi lo stato di salute della biodiversità del nostro pianeta. Pubblicato per la prima volta nel 1998, per due decenni ha registrato l’abbondanza di 16.704 popolazioni di oltre 4.000 specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi (gli animali Vertebrati) in tutto il mondo. L’Indice analizza i trend di queste popolazioni, selezionate in maniera scientifca, quale misura dei cambiamenti nella biodiversità. In questa edizione 2018, la ventesima del Living Planet Report, l’indice include i dati dal 1970 al 2014 e mostra un declino globale del 60% nella dimensione delle popolazioni di vertebrati che, in pratica, significa un crollo di più della metà in meno di 50 anni.

UgMPpcOw

Le minacce che stanno minando le oltre 8.500 specie a rischio di estinzione, presenti nella Lista Rossa (Red List) dell’IUCN, riguardano soprattutto il sovrasfruttamento e le modifiche degli ambienti naturali, in particolare quelle dovute all’agricoltura. Delle piante e di buona parte degli animali vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili e anfibi) che si sono estinti dal 1500 ad oggi, il 75% di queste estinzioni è stata causata dal sovrasfruttamento e dall’agricoltura. Altre minacce derivano dal cambiamento climatico, che sta diventando un driver crescente, dall’inquinamento, dalle specie invasive – che noi abbiamo spostato in tante aree del pianeta dove prima non esistevano e che fanno concorrenza a tante specie autoctone – dalle dighe e dalle miniere.

 

L’impronta ecologica del nostro consumo. Negli ultimi 50 anni la nostra impronta ecologica, la misura del consumo delle risorse naturali, è incrementata del 190%. Creare un sistema più sostenibile richiede significativi e urgenti cambiamenti nelle attività di produzione e consumo.

niD7F6qg

Minacce e pressioni sul suolo. Nel marzo 2018 l’Intergovernamental Science/Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) ha reso nota la valutazione sul degrado dei suoli (Land Degradation and Restoration Assessment) che dimostra come oggi meno del 25% della superficie terrestre sia ancora in condizioni naturali e come nel 2050, continuando con gli attuali andamenti di sfruttamento senza invertire l’attuale tendenza, la percentuale della superficie delle terre emerse  in condizioni naturali si abbasserà al 10%.

Oggi, il degrado dei suoli mina il benessere di circa 3,2 miliardi di persone nel mondo. Inoltre, nell’era moderna, le zone umide hanno perso l’87% della loro estensione. Il degrado dei terreni include anche la perdita delle foreste, un fenomeno che nelle zone temperate è stato rallentato dalle operazioni di riforestazione ma che è andato accelerandosi nelle foreste tropicali. Un’analisi in 46 paesi in area tropicale e subtropicale ha dimostrato che l’agricoltura commerciale su larga scala e l’agricoltura di sussistenza sono state responsabili rispettivamente di circa il 40% e il 33% della conversione forestale tra il 2000 e il 2010. Il 27% della deforestazione è stata causata dalla crescita urbana, dall’espansione delle infrastrutture e dalle attività minerarie. Questo degrado esercita numerosi impatti sulle specie, sulla qualità degli habitat e sul funzionamento degli ecosistemi.

Invertire la curva della perdita di biodiversità. La biodiversità costituisce l’infrastruttura che sostiene tutta la vita sulla Terra. I sistemi naturali e i cicli biogeochimici che la diversità biologica genera consentono un funzionamento stabile dell’atmosfera, degli oceani, delle foreste, dei vari territori e dei bacini idrici. Essi costituiscono i prerequisiti per l’esistenza di una moderna e prospera società umana, capace di continuare a vivere bene nel corso del tempo. Da ora al 2020 abbiamo un’unica finestra di opportunità per formulare una visione di positivo rapporto tra l’umanità e la natura. La Convenzione della Diversità Biologica sta individuando i nuovi obiettivi e i target per il futuro. Questi, insieme agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), possono diventare la chiave per un contesto di protezione concreta e di efficacia nella tutela della natura e della biodiversità.

 

“In appena 50 anni il 20% della superficie delle foreste dell’Amazzonia è scomparsa mentre gli ambienti marini del mondo hanno perso quasi la metà dei coralli negli ultimi 30 anni. Il Living Planet Report 2018 richiama ad un impegno deciso per invertire la tendenza negativa della perdita della biodiversità. Il mondo ha bisogno di una Roadmap dal 2020 al 2050 con obiettivi chiari e ben definiti, di un set di azioni credibili per ripristinare i sistemi naturali e ristabilire un livello capace di dare benessere e prosperità all’umanità”. Dichiara la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi che conclude: “Per ottenere risultati è necessario intervenire subito già dalla 14° Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD, Convention on Biological Diversity, che avrà luogo in Egitto) nel prossimo novembre. È fondamentale un accordo globale, ambizioso ed efficace per la natura e la biodiversità, come è avvenuto per il cambiamento climatico in occasione della Conferenza di Parigi nel 2015”.