Archivi tag: biodiversità

IL DECLINO DELLA BIODIVERSITÀ ANIMALE

Stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti drammatici sotto svariati punti di vista. I drammi ambientali a cui stiamo assistendo stanno alterando in maniera così importante gli ecosistemi che gli scienziati hanno sentito la necessità di coniare un nuovo termine per identificare questo periodo geologico: antropocene, ovvero l’epoca dell’uomo. Nonostante il disaccordo su quando collocare il suo effettivo inizio, si può ragionevolemte supporre che esso sia iniziata a partire dalla metà del secolo XX, nel contesto del “The Great acceleration”. L’incremento demografico, il sovrasfruttamento delle risorse, l’aumento nelle concentrazioni di gas serra, l’incremento nell’utilizzo di pesticidi e di sostanze inquinanti e il consumo di acqua e suolo sono solo alcuni dei trend socio-ambientali cui stiamo assistendo e ognuno di essi contribuisce, fra le altre cose, al declino della biodiversità.

Lo stato della biodiversità animale: il Living Planet Index (LPI) WWF del 2022
Il Living Planet Index sviluppato dal WWF rappresenta una misura dello stato di salute della diversità biologica sulla Terra con un focus particolare sui vertebrati ed è calcolato basandosi sui trend di abbondanza relativa di numerose specie selvatiche.
I dati di abbondanza relativa (ovvero la % con cui una specie contribuisce al totale degli individui di una comunità) sono importanti indicatori realtivamente ai cambiamenti di un dato ecosistema in un dato momento: i suoi cali ci dicono che un certo ecosistema è in sofferenza.
Il grafico seguente mostra la variazione media dell’abbondanza relativa di 5.230 specie di vertebrati terrestri e acquatici monitorate a livello globale, a partire dal 1970, anno di pubblicazione del primo LPI. La linea bianca mostra i valori dell’indice: al 2018 il calo medio nell’abbondanza delle popolazioni è del 69%!

Questo grafico però fornisce una visione generale a livello dell’intero pianeta. In realtà esistono differenze fra le varie parti della terra: il declino maggiore lo si osserva nelle aree dell’America latine e dei Caraibi, che hanno conosciuto un decremento molto rapido ed accentuato: in tali casi il valore LPI ha raggiunto il 94%.

E gli insetti?
Un gruppo di animali che spesso è ingiustamente trascurato (o odiato) dai più sono gli insetti. Come stanno i rappresentanti di questa immensa classe degli artropodi?

Quest’immagine rappresenta il cosiddetto “aneddoto del parabrezza”, come definito da J. Acorn, secondo cui è facile notare che il numero degli insetti morti spiaccicati sui nostri parabrezza dopo aver guidato sia sensibilemnte minore rispetto a quanto era un tempo. Un’immagine forse poco “scientifica” ma sicuramente molto efficace come strumento comunicativo e che riassume lo stato di questa classe di animali.


Un recente studio ha infatti stimato che ogni anno, le popolazioni di insetti a livello mondiale, diminuiscono di un valore compreso fa l’1% e il 2%. Una vera e propria “apocalisse”, come la definiscono gli autori, dal momento che gli insetti giocano un ruolo fondamentale negli equilibri di moltissimi ecosistemi, fra i quali quelli agrozootecnici che caratterizzano più del 55% del territorio della nostra regione.


Le cause principali del loro declino, neanche a dirlo, rientrano nell’ H.I.P.P.O. descritto brevemente qui sopra: predita di habitat (H) e deforestazione, introduzione di specie esotiche invasive (I) e utilizzo indiscriminato di pesticidi (P).
L’impatto più preoccupante riguarda in particolare tutti gli impollinatori, un vasto gruppo di insetti che permettono la fecondazione delle piante e di conseguenza anche la produzione del cibo.

Ma chi sono gli impollinatori? E quanti sono?
Nell’immaginario collettivo, quando si pensa agli impollinatori, il pensiero ricade immediatamente sulle api, in quanto ben note e presenti sul territorio italiano con 151 specie native. Ma nella realtà dei fatti sono ben 350.000 le specie che in qualche modo svolgono il ruolo di impollinatori, fra i quali ricordiamo i sirfidi, le farfalle, le vespe, le falene, alcuni coleotteri e anche alcuni pipistrelli! A questo elenco è doveroso anche aggiungere le zanzare: nonostante siano odiate e temute per le loro punture che possono anche trasmettere malattie infettive gravi, esse svolgono un ruolo importante come impollinatori e sono anche fonte di cibo per altri animali, come ragni e uccelli.


L’Italia ha redatto due liste rosse (Red List della IUCN*) per i due gruppi maggiori: api e farfalle.
⦁ Lo stato delle farfalle. Riportiamo il testo della Rd List: “Delle 289 specie valutate, una è estinta nella regione in tempi recenti. Le specie minacciate di estinzione sono un totale di 18, pari al 6.3% delle specie valutate. La maggior parte delle popolazioni italiane sono stabili”.
⦁ Lo stato delle api. Riportiamo il testo della Red List: “Delle 151 specie valutate, 5 sono in pericolo critico di estinzione e non sono state ritrovate di recente, pertanto sono considerate potenzialmente estinte. Altre 2 specie sono in pericolo critico, 10 specie sono in pericolo, 4 specie sono vulnerabili (in totale sono quindi 21 le specie a rischio di estinzione) e altre 13 sono prossime ad uno stato di minaccia”.


Inoltre il valore economico derivante dall’impollinazione operata da questi insetti si aggira sui 153 miliardi di euro all’anno, a livello mondiale!


*La IUCN è l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, un’organizzazione non governativa internazionale che si prefigge di studiare la natura e la biodiversità per imparare a conoscerla e a proteggerla. Fra le altre cose stila le Liste Rosse (Red List), un elenco di specie (dai vertebrati agli insetti, dai coralli alla flora) che vengono valutate in base al loro stato di conservazione in estinte, in pericolo, vulnerabili e così via per permettere una pianificazione nella gestione della biodiversità. Ecco il link al sito: http://www.iucn.it/


Prima di lasciarci, vi vogliamo suggerire due libri molto interessanti sul tema estinzioni e declino delle biodiversità:
La sesta estinzione – una storia innaturale. Elisabeth Kolbert, 2016
Terra silenziosa – come possiamo e perchè dobbiamo evitare che gli insetti scompaiano. Dave Goulson (il Saggiatore, 2022)

Le nostre fonti:
⦁file:///C:/Users/lnv%20f0fw004jix/Desktop/argomenti%20rubrica%20settimanale/Screen%20e%20infografiche%20per%20post/WWF-LivingPlanetReport2022.pdf
https://www.greenme.it/ambiente/natura/insetti-estinzione-massa/
https://www.isprambiente.gov.it/it/archivio/notizie-e-novita-normative/notizie-ispra/2021/09/insetti-e-impollinatori-il-9-di-api-e-farfalle-a-rischio-estinzione
https://futureearth.org/2015/01/16/the-great-acceleration/
https://www.agrifoodtoday.it/ambiente-clima/api-morti-impollinazione.html
https://www.practicepraxis.org/journal/an-unprecedented-attempt-to-delegate-extinction-to-the-chapters-of-history-a-review-of-joe-romans-listed-and-a-small-discussion-on-endangered-species
https://www.wwf.it/specie-e-habitat/specie/impollinatori/#:~:text=Gli%20insetti%20impollinatori%20non%20sono,falene%2C%20alcuni%20coleotteri%20e%20vespe.
https://greenreport.it/news/comunicazione/a-cosa-servono-le-zanzare/

La transizione ecologica e i suoi costi

La sopravvivenza delle specie presenti sulla Terra, uomo compreso, è fortemente dipendente dallo “stato di salute” della biodiversità. Questo termine apparentemente così semplice, nasconde un significato di vasta portata, poiché comprende non solo la ricchezza e la diversità delle specie viventi sul nostro pianeta – dal livello molecolare al livello di ecosistema – ma anche la diversità delle interazioni fra gli organismi e il loro ambiente di vita.

Le stesse società umane si sono sviluppate e accresciute nel corso dei secoli grazie alla biodiversità e ai processi che si svolgono all’interno degli ecosistemi, tanto che il Millenium Ecosystem Assessment (MEA), l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di studiare l’impatto della distruzione degli ecosistemi sul benessere umano, ha definito il concetto di serivizi ecosistemici, inteso come «i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano». Questi servizi possono essere suddivisi nelle categorie mostrate nel grafico seguente:

La conoscenza di tutti questi fondamentali servizi resi alle nostre comunità, ha spinto i bioeconomisti a “monetizzare” la natura, ovvero assegnare ai vari servizi ecosistemici un valore economico. Questo passaggio, per quanto rischioso e difficile possa essere, può in realtà rappresentare uno strumento valido e utile per diffondere la conoscenza dell’importanza dei sistemi naturali anche fra i non addetti ai lavori, come le parti politiche, permettendo loro di proporre ed attuare investimenti “green”, finalizzati ad una transizione ecologica, oggi più che mai necessaria.

Ovviamente questa transizione richiede sforzi economici importanti, costi destinati ad aumentare considerevolmente nei prossimi decenni se le opportune misure di mitigazione non saranno prontamente messe in atto.

Per fare un esempio “locale” ed attuale di questi costi, l’Unione Europea ha stanziato ben 360 milioni di euro nei progetti per il raggiungimento della neutralità carbonica (entro il 2030) per ognuna delle 100 città europee selezionate a questo scopo, fra le quali la nostra, Parma.

Spesso però si tende a pensare solamente a quanto ci costerà questa transizione ecologica quando in realtà si dovrebbe fare il ragionamento inverso, ovvero dovremmo chiederci: quali costi saremo costretti a sostenere se non attuassimo questa transizione?

Vediamo qualche numero.

Stime del Global Turning Point Report 2022 di Deloitte ci dicono che il costo del cambiamento ambientale potrebbe raggiungere i 178 trilioni di dollari nei prossimi 50 anni se non saranno adottate misure di mitigazione e compensazione dei danni ambientali dati dall’impronta antropica sul pianeta.

Studi dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ci dicono che sono circa 1,4 milioni le persone che muoiono ogni anno in Europa per cause dovute ai rischi ambientali, di cui ben la metà dovute all’inquinamento atmosferico. L’estate scorsa oltre 20.000 persone sono morte solamente per il caldo estremo.

Il progetto europeo ESPON TITAN, conclusosi nel 2017, ci dice che negli ultimi vent’anni abbiamo assistito anche al susseguirsi di eventi estremi che aumentano di frequenza e di intensità generando danni stimati per un totale di 77 miliardi di euro; esempi recenti sono l’ alluvione in Romagna o le grandinate che hanno devastato il Veneto e la Lombardia. L’agenzia europea per l’ambiente invece ci informa che, considerando gli ultimi 40 anni, il costo dei danni ambientali sale addirittura a 446 miliardi di euro.

Come è facile comprendere dalle stime riportate sopra, gli innumerevoli costi che i cambiamenti ambientali stanno portando non si limitano quindi alla sola sfera economica, ma coinvolgono direttamente anche la salute umana e la stabilità del territorio. E questi costi potrebbero conoscere rialzi significativi nel prossimo futuro, coinvolgendo di conseguenza le prossime generazioni.

Nature Restoration Law: e adesso cosa si fa?
La Nature Restoration Law approvata lo scorso 12 Luglio dalla Commissione Europea è un’ importante legge che si prefigge di arrestare ed invertire il trend di peggioramento dello stato degli ecosistemi europei: si stima infatti che ben l’80% degli habitat sul territorio comunitario siano in condizioni di declino. Nonostante le iniziali resistenze di alcune parti politiche, la legge è fortunatamente passata anche se con qualche taglio rispetto alla sua formulazione originaria.

Questo provvedimento mira a:

⦁ ripristinare almeno il 20% del territorio terrestre e marino ed impedirne l’ulteriore deterioramento;
⦁ contribuire al raggiungimento degli obiettivi di mitigazione del riscaldamento climatico;
⦁ assicurare un recupero della biodiversità per rendere la natura resiliente
⦁ costruire un’Europa robusta, equa e sostenibile.

Inoltre, si stima che per ogni singolo euro investito nella protezione della natura, potremmo ricevere un benefit di ritorno – in termini di servizi ecosistemici – che spazia dagli 8€ ai 38€.

Ma concretamente quali misure sarebbe opportuno adottare? Abbiamo preparato un piccolo elenco, non esaustivo, delle azioni utili che sono state individuate da vari esperti, per attuare la Nature Rrestoration:

Rinaturalizzazione dei corsi fluviali. Si potrebbero sfruttare le opere di ingegneria naturalistica per creare casse di espansione utili a mitigare gli eventuali danni derivanti dalle piene sempre più frequenti e devastanti oppure sfruttare le tecniche di biorimediazione ambientale, come la fitodepurazione per ripulire i fiumi dall’inquinamento;

Connettività fra gli ecosistemi. Creare corridoi ecologici per preservare la biodiversità e mantenere l’integrità dei sistemi ambientali;

Preservare le petland (ovvero le torbiere), ambienti fondamentali in quanto importanti serbatoi di carbonio (uno strato di 15cm di torbiera contiene più carbonio per ettaro rispetto a una foresta tropicale!);

Inserimento di elementi naturali negli agroecosistemi, come semplicemente delle siepi attorno alle coltivazioni, in modo tale da favorire una maggior biodiversità, in particolare quella degli insetti impollinatori (ma non solo); calare o meglio, azzerare l’utilizzo di pesticidi di sintesi;

Opere di greening urbano. Più verde in città porta notevoli vantaggi, come proteggerci dalle isole di calore negli spazi cittadini, rimuovere gli inquinanti ma anche tutelare la nostra salute psicofisica.

Ognuna di queste azioni si tradurrà in protezione integrata della natura, con benefici diretti sulla biodiversità ma anche sul nostro benessere psicologico, fisico e sociale. E non solo: le alterazoni climatiche saranno mitigate, gli eventi alluvionali e le siccità contenute, la protezione del capitale naturale renderà gli ecosistemi più robusti e resilienti, quindi meno impattati e più produttivi, in un’ottica di sostenibilità.

Riteniamo l’approvazione di questa legge un passo fondamentale nella difesa comunitaria della natura.

Non sprechiamo questa opportunità.

Le nostre fonti:

⦁https://environment.ec.europa.eu/topics/nature-and-biodiversity/nature-restoration-law_en https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/i-costi-che-pi-vanno-calcolati
⦁https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/6985_MLG_642010.pdf https://www.gia.pr.it/download/25758/2016/07/Clima-Parma-pioniera.pdf
⦁https://www.wwf.it/pandanews/societa/politica/il-manifesto-per-la-nature-restoration-law/ https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=115289
⦁https://greenreport.it/news/economia-ecologica/clima-quanto-ci-costa-non-fare-la-transizione-energetica/
⦁https://www.huffingtonpost.it/dossier/terra/2023/07/13/news/piu_spazio_ai_fiumi_e_ai_campi_bio_cosi_il_restauro_della_natura_cambiera_il_paesaggio-12667173/
⦁http://www.lipu.it/news-natura/notizie/16-comunicati-stampa/1892-il-testo-del-manifesto-a-sostegno-della-nature-restoration-law
⦁https://www.greenplanner.it/2022/06/10/transizione-ecologica-costi/#:~:text=con%20benefici%20superiori-,Quanto%20costa%20la%20transizione,Tanto%2C%20ma%20con%20benefici%20superiori&text=Non%20possiamo%20permetterci%20ulteriori%20ritardi,dollari%20nei%20prossimi%20cinquant’anni

Parma Cittadella musica: incomprensibile la chiusura completa del Parco Ducale

Il WWF di Parma interviene con un comunicato in occasione dell’apertura della rassegna Parma Cittadella musica. Non siamo contrari in assoluto all’uso degli spazi verdi per eventi musicali -chiarisce l’Associazione – ma riteniamo che siano necessarie scelte più attente da parte dell’Amministrazione. In questa immagine tratta da Google Maps, sono indicati in verde il perimetro del Parco Ducale normalmente aperto al pubblico e in rosso la porzione utilizzata per i concerti della rassegna estiva. Si tratta, ad una stima sommaria, del 20% scarso della superficie totale, crediamo che balzi all’occhio quanto sia incomprensibile la chiusura totale per più giorni dell’intero Parco in occasione di ogni evento. Stando all’avviso pubblicato sul sito del Comune, i cancelli del principale polmone verde del centro di Parma saranno sbarrati per otto giornate su 24 tra il 26 giugno e il 19 luglio. Esattamente un giorno su tre, non poco, considerato che siamo nel periodo dell’anno in cui i Parchi urbani sono infrastrutture strategiche per la salute e il benessere della popolazione, nelle quali trovare riparo dalle ondate di calore rese sempre più intense e prolungate dal cambiamento climatico. Una scelta del tutto incoerente con la dichiarazione di emergenza climatica e con i tanti proclami a base di sostenibilità ai quali ben raramente vediamo seguire azioni concrete. Ci chiediamo se non fosse proprio possibile transennare l’area adibita al concerto, limitandosi a una chiusura parziale. Invece si è scelto ancora una volta di sottrarre agli elementi più fragili della nostra comunità, come anziani e bambini, un bene pubblico, trascurando con leggerezza le conseguenze. Insomma -conclude il WWF – un vero e proprio esproprio di benessere e salute, che crediamo debba essere urgentemente ripensato.

L’ambiente tra i principi fondamentali della Costituzione. Un’occasione da non sprecare.

Con l’approvazione del Parlamento, è arrivata a compimento nei giorni scorsi la proposta di legge costituzionale in materia ambientale, che attende ora solo di essere promulgata dal Capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. All’articolo 9 della Costituzione è stata aggiunta la frase “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali” mentre il 41 è stato modificato come evidenziato di seguito “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

In realtà la tutela ecosistemica non è del tutto sconosciuta al testo costituzionale, essendo stata inserita con la riforma del Titolo V del 2001 tra le materie oggetto di competenza dello Stato. Tuttavia, l’interesse paesaggistico che affiorava dalla suprema Legge si concentrava per lo più sulla promozione di interventi conservativi, diretti a preservare e custodire le peculiari bellezze storiche, artistiche e naturali tipiche del nostro territorio. Veniva evidenziato l’elevato valore estetico di tutti quei parchi, giardini, scorci e vedute panoramiche capaci di offrire all’uomo veri e propri – per dirla con Benedetto Croce – “entusiasmi spirituali”.

La giurisprudenza costituzionale, assieme alla politica dell’Unione Europea, hanno fortemente contribuito all’evoluzione del significato di “paesaggio”, cogliendone soprattutto l’esigenza di interrelazione con l’uomo. Il paesaggio introdotto da Padri Costituenti non è semplicemente un “bel quadro” da ammirare e decantare, ma diviene un vero e proprio diritto fondamentale per il benessere della comunità contemporanea e per quella che verrà. Nonostante la trasversalità della nozione costituzionale finora sostenuta, viene evocata l’esigenza di indipendenza del concetto “ambiente” rispetto a quello di “paesaggio”. L’ambiente è qualcosa di mutabile, un bene estremamente fragile e sensibile all’attività umana, il cui equilibrio può facilmente alterarsi con conseguenze dannose per gli individui e la collettività.

Come è noto, la questione ambientale ha assunto nel tempo una rilevanza via via crescente. Infatti, già con il d.lgs. 152/2006 (noto come “codice dell’Ambiente”), il legislatore si preoccupò di uniformare l’allora frammentata disciplina settoriale, mentre nel 2015 il Codice Penale vide l’introduzione di articoli specificatamente dedicati ai reati ambientali. L’attuale riforma costituzionale recepisce la necessità di offrire al tema ambiente una tutela che non sia solo repressiva ma, grazie all’inserimento tra i Principi Fondamentali, anche preventivo-precauzionale.

Il nuovo testo costituzionale suggerisce alla nostra comunità un ripensamento del proprio modo di vivere e lavorare, più attento alle proprie azioni e scelte, tanto nell’attività economica quanto nel quotidiano, che tenga conto delle conseguenze che inevitabilmente si riversano sulla salute del pianeta, di chi lo abita oggi, e delle generazioni future.

WWF Parma

Dott.ssa Azzurra Capitoni

Sconcertante l’ipotesi di un nuovo polo logistico a Fontevivo

Il WWF di Parma esprime il suo sconcerto di fronte all’annuncio di un nuovo polo logistico da oltre 500mila metri quadri nella frazione di Case Rosi. Un progetto che, qualora venisse approvato, avrebbe davvero dell’incredibile, visto che Fontevivo, e più in generale la nostra provincia, sono da molti anni ai vertici delle tristi classifiche nazionali del consumo di suolo.

La percentuale di terreno cementificato ha raggiunto a Fontevivo uno sbalorditivo 25,5%, il triplo della media regionale, addirittura più alta di contesti urbani come Parma e Fidenza, rispettivamente al 22% e al 13% (dati ISPRA). Il comune era già finito nel 2014 nel mirino dell’amministrazione provinciale di Bernazzoli, (non certo un covo di ambientalisti militanti) per l’evidente insostenibilità dell’ondata di cemento che lo stava travolgendo.

La sola ipotesi di nuovi insediamenti è ancora più paradossale se si pensa alle migliaia di mq di capannoni, uffici e piazzali vuoti, in molti casi da decenni, che chiunque può vedere percorrendo la Via Emilia tra Parma e Fidenza. Che ne sarà di questi spazi? Verranno mai riutilizzati, salvando dalle ruspe prezioso suolo agricolo, o resteranno per sempre come monumenti alla cattiva politica e alla sfrenata speculazione che si sta divorando il nostro territorio? Per quanto ancora la nostra classe dirigente si riempirà la bocca di food valley e di vocazione agroalimentare, per poi correre un minuto dopo a progettare nuovo cemento e asfalto?

Viene da chiedersi se i nostri amministratori siano misteriosamente rimasti impigliati nel XX secolo, se non si siano accorti che è arrivato il terzo millennio e che siamo in piena emergenza ambientale e climatica, se abbiano mai sentito parlare di stop al consumo di suolo, di sviluppo sostenibile, o semplicemente se conoscano il significato della parola “futuro”.

IL LUPO IN PIANURA, UNA CONVIVENZA POSSIBILE

MARTEDI 29 DICEMBRE h 20,30, incontro ON LINE

Segui l’incontro a questo link ZOOM oppure LIVE su Facebook sulla pagina WWF Parma

Il ritorno del lupo in pianura ti entusiasma? Oppure ti inquieta? Credi che sia un problema da risolvere o un’opportunità da non perdere? Per farsi un’idea, è fondamentale partire da una conoscenza del fenomeno che si basi sulle conoscenze scientifiche, e non su speculazioni politiche o mistificazioni mediatiche.

Ecco perchè abbiamo deciso di parlarne con due tra i maggiori esperti italiani di lupi:

MARCO GALAVERNI Direttore Scientifico del WWF Italia

LUIGI MOLINARI Wolf Apennine Center

condurrà l’incontro ROLANDO CERVI Presidente WWF Parma

Il mondo che verrà – scarica l’e-book

LIBERAMENTE SCARICABILE l’E-BOOK CHE RACCOGLIE TESTI DI ESPERTE ED ESPERTI DELLE DISCIPLINE SOCIALI, ECONOMICHE, DI SETTORE.

L'immagine può contenere: 1 persona, albero, testo, primo piano, spazio all'aperto e natura

 

  Clicca qui per scaricare l’ebook

Clicca qui per visitare la pagina della Campagna Il Mondo che Verrà

Nell’ambito della consultazione Il Mondo che Verrà, il WWF ha raccolto i contributi di 13 menti creative nel campo della sostenibilità economica, ambientale e sociale, (economisti, sociologi, esperti di settore e delle organizzazioni della società civile) che sono diventate un e-book liberamente scaricabile sul sito wwf.it. Si tratta di un ulteriore strumento di riflessione nei giorni in cui il governo, il mondo produttivo, quello del lavoro e la società civile si confrontano negli Stati Generali dell’Economia convocati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che per primo, lo scorso 3 giugno ha proposto di coinvolgere nella riflessione anche singole menti creative per contribuire fattivamente a costruire il futuro dell’Italia.

Due le domande poste dal WWF agli esperti e alle esperte esterni:

  1. nel momento in cui il Paese vede un consistente intervento pubblico per il risanamento e il rilancio dell’economia (solo dall’Europa sono attesi circa 173 miliardi di euro) è possibile salvare posti di lavoro e aziende e nel contempo dare centralità alla sostenibilità ambientale?
  2. quali sono le sue proposte per coniugare innovazione e scelte green per imprimere una svolta green al Sistema Italia?

Nell’invito rivolto alle persone che hanno dato il loro contributo il WWF ha detto di ritenere che, proprio nel momento in cui si apre il confronto per definire il Piano per il rilancio del Paese, le scelte green non debbano essere considerate una variabile indipendente o accessoria dell’intervento pubblico e ha ribadito che l’innovazione, l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema produttivo ed economico non possono che passare attraverso scelte che mettano subito al centro la sostenibilità ambientale e sociale in tutti i settori.

 

Dalle risposte articolate e positive alle domande del WWF di esperte ed nei campi della sostenibilità economica, ambientale e sociale nasce quindi l’e-Book WWF messo on line da oggi  sul sito wwf.it (clicca qui per scaricarlo) – dal titolo Costruiamo il futuro dell’Italia sostenibile e solidale – Un contributo di idee contro le gabbie concettuali che raccoglie i testi di: Catia Bastioli, amministratrice delegata Novamont; Elena Battaglini, dottore di ricerca in sociologia dell’ambiente e del territorio – Fondazione Di Vittorio – Cgil; Andrea Debernardi, ingegnere civile e dottore di ricerca in pianificazione territoriale ed ambientale; Monica Di Sisto, giornalista e vicepresidente dell’osservatorio italiano su Commercio e Clima, Fairwatch; Mauro Gallegati, docente di macroeconomia Università Politecnica delle Marche e Giacomo Gallegati, esperto di economie in via di sviluppo ed economia monetaria; Enrico Giovannini, professore ordinario di statistica economica dell’Università di Roma Tor Vergata e Portavoce ASviS; Giulio Marcon, portavoce della Campagna Sbilanciamoci Mario Pianta è Professore di Politica Economica alla Scuola Normale Superiore, Classe di scienze politiche-sociali di Firenze; Andrea Roventini professore ordinario di economia politica alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; Linda Laura Sabbadini, statistica; Alessando Santoro professore ordinario di scienza delle finanze presso il DEMS dell’Università di Milano-Bicocca; Chiara Saraceno, sociologa.

 

Il 3 giugno, nel giorno della conferenza stampa del premier Giuseppe Conte sul rilancio del Paese il WWF presentato al Governo 50 idee, 50 proposte creative e sfidanti per il Governo su ben 18 campi di intervento per fare in modo che il futuro dell’Italia metta al centro la sostenibilità ambientale, la decarbonizzazione e l’economia circolare ne Piano di rilancio del Paese che verrà definito a settembre di quest’anno. Mentre il 12 giugno alla vigilia dell’apertura degli Stati Generali dell’Economia il WWF ha inviato al Governo il Decalogo per l’Italia sostenibile, che promuove l’Italia del “SI”, Sostenibilità (ambientale) e Innovazione.

 

LA CONSULTAZIONE ‘IL MONDO CHE VERRÀ’. Questo e-book si inserisce nell’ambito della Campagna Il Mondo che Verrà lanciata dal WWF l’11 maggio scorso. La Campagna di sensibilizzazione lanciata dal WWF e che ha l’obiettivo di raccogliere degli spunti costruttivi per superare gli effetti drammatici dell’emergenza sanitaria legata al covid e della conseguente crisi economica e sociale. (Clicca qui per partecipare alla consultazione)

 

SCHEDA SULL’E-BOOK WWF

 

“Costruiamo il futuro dell’Italia sostenibile e solidale –

Un contributo di idee contro le gabbie concettuali

 

I contribuiti salienti nelle parole degli esperti e delle esperte

  • Il contributo innovativo della bioeconomia – Catia Bastioli è convinta sia arrivato il momento di accelerare sui temi dell’economia circolare e della bioeconomia intesa come rigenerazione territoriale. Due le proposte presentate: 1. la creazione di un network di infrastrutture per il recupero e trattamento del rifiuto organico per utilizzarlo sia come compost che come biometano, nonché come bioprodotti; 2. l’inteconnessione tra uso dell’acqua agricola e la rete elettrica, creando una nuova infrastrutturazione consenta quando non sia attiva l’irrigazione, di procedere allo stoccaggio di energia nel servizio di dispacciamento nazionale.
  • Quale spinta dall’innovazione socio-territoriale – Elena Battaglini ricorda come l’innovazione non sia costituita solo da prodotti e brevetti ma sia un processo che fa leva sull’economia della conoscenza e dell’apprendimento e sorge nei territori, specie nelle città. La proposta si focalizza sull’esigenza di creare una governance dell’infrastrutturazione inclusiva e solidale delle politiche territoriali di innovazione, basate sul coinvolgimento degli attori sociali, sull’acceso alle infrastrutture della conoscenza e su un continuo dialogo con gli attori esterni.
  • Pragmatismo e sostenibilità nelle scelte infrastrutturali – Andrea Debernardi ritiene che sia arrivato il momento di: disintermediare la gestione delle risorse, riducendo il numero dei passaggi necessari alle decisioni sulle infrastrutture; valutare i progetti non solo ex ante, ma anche ex post; graduare la spesa con un processo continuo di verifica e monitoraggio. Le proposte riguardano: 1. la necessità di immaginare un grande programma di manutenzione e retrofit ambientale delle grandi reti infrastrutturali esistenti, a fini del miglioramento delle interconnessioni e dell’ambiente; 2. governare la domanda di mobilità attraverso le seguenti linee di intervento: sostenere trasporto pubblico, collettivo, condiviso; orientare il mezzo motorizzato individuale verso un uso “intelligente”; adottare tecnologie pulite.
  • Si può decarbonizzare il commercio – Monica Di Sisto ricorda come l’Italia possa giocare un ruolo importante su scala internazionale ed europea essendo il terzo Paese manifatturiero in Europa. Nelle proposte presentate si chiede di: 1. verificare che gli accordi commerciali con gli altri Paesi rispettino l’Accordo di Parigi sul Clima oltre alle regole della concorrenza (come fatto già da Francia e Spagna); 2. creare un organismo, uno spazio interministeriale, che abbia un dialogo regolare e trasparente con il Parlamento, le parti sociali e la società civile per un commercio più equo, ecologico e solidale.
  • Bond Verdi per il rilancio dell’Europa – Mauro e Giacomo Gallegati rilevano che dal 2015 al 2018 la Banca Centrale Europea con il Quantitative Easing ha acquistato bond degli Stati Membri per il valore di 2.600 miliardi di euro, 650 miliardi di euro annui. La proposta è quella che la BCE avvii un nuovo programma simile per finanziare l’European Green Deal a) acquistando ogni anno almeno 600 miliardi di euro di bond verdi e b) nel contempo, emettendo bond verdi per gli investimenti sotto il controllo della UE.
  • Il Paese deve accettare la “sfida trasformativa” nelle sue politiche pubbliche – Enrico Giovannini che richiama il sondaggio Ipsos condotto nel nostro Paese nel quale si rileva come il 72% degli intervistati ritenga che la crisi climatica non sia secondaria a quella indotta dal Covid-19 e che gli investimenti per uscire dall’emergenza debbano essere indirizzati verso il processo di transizione ecologica, nonché come le vecchie ricette e l’articolazione degli interventi pubblici non siano più adeguati per affrontare per tempo i continui shock a cui il mondo è sottoposto. La proposta per fare in modo che il nostro Paese vinca la sfida trasformativa per rendere il nostro sistema più resiliente è quelao di inserire il principio dello sviluppo sostenibile nella nostra Costituzione, come già fatto da Paesi come Norvegia, Francia e Svizzera.
  • L’intervento pubblico per la Giusta Transizione – Giulio Marcon ricorda come l’Italia abbia già mobilitato ingenti risorse per il sostegno all’economia prostrata dalla pandemia da Covid-19 – 25 miliardi nel Decreto Cura, 400 miliardi nel Decreto Liquidità e 155 miliardi (di cui 55 di indebitamento) nel Decreto Rilancio – e come si attendano i circa 173 miliardi di nuovi fondi dall’Europa. Le proposte riguardano: 1. la necessità di creare una filiera decisionale e strutture pubbliche ben definite e con chiare responsabilità per costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile; 2. destinare adeguati e mirati contributi pubblici alla giusta transizione per favorire l’innesco di competenze, tecnologie e know how nelle ‘vecchie produzioni’.
  • Un’agenzia e una Holding pubblica per l’Italia Sostenibile – Mario Pianta dichiara di essere convinto che ci sia la possibilità di un massiccio intervento pubblico per accelerare la transizione ecologica del Paese, ricordando come il sistema di welfare pubblico universale, ad esempio, pur indebolito negli anni, abbia svolto un ruolo essenziale nella tenuta del Paese durante la pandemia. Le proposte sono di: 1. creare un’Agenzia per gli investimenti pubblici che realizzi un grande piano sostenibile di investimenti nelle infrastrutture materiali e sociali, comprese scuole, ospedali, casa, piccole opere; 2. formare una holding pubblica, sgravando da un ruolo improprio la Cassa Depositi e Prestiti, in cui concentrare le partecipazioni delle grandi imprese (da ENI ad ENEL) con obiettivo la sostenibilità ambientale, il rafforzamento tecnologico, la qualità dell’occupazione.
  • Puntiamo ad una elettrificazione spinta dell’economia – Andrea Roventini rileva che, pur a fronte di una crisi senza precedenti con un calo verticale del PIL del Paese, si debba e si possa pensare ad una nuova fase di crescita sostenibile e inclusiva. Le proposte: 1. Il primo intervento “a costo zero” è approvare una Legge sul Clima che fissi anche nel nostro Paese, come richiesto dall’Europa, l’obiettivo di zero emissioni di gas serra per il 2050, come già fatto da Gran Bretagna e Nuova Zelanda; 2. puntare ad una elettrificazione spinta della nostra economia in modo che la domanda di energia soddisfatta dall’elettricità passi dall’attuale 20% al 70%, puntando sulle energie rinnovabili in sostituzione dei combustibili fossili nei trasporti, nel riscaldamento e nelle industrie; 3. sviluppare e diffondere l’idrogeno verde che potrebbe permettere di immagazzinare e trasportare l’energia da fonti rinnovabili e utilizzarla nel settore dei trasporti e nei processi industriali.
  • Politiche sociali per lo Sviluppo SostenibileLinda Laura Sabbadini ricorda come l’aumento della povertà assoluta tra il 2007 e il 2008 è stato contrastato da due importanti ammortizzatori sociali: cassa integrazione e famiglia. L’una ha protetto i capofamiglia, l’altra i giovani che perdevano o non trovavano lavoro. Ma le famiglie hanno dato fondo ai risparmi, si sono indebitate per proteggere i figli e per mantenere inalterato lo standard di vita, fino a quando, nel 2012, non ce l’hanno fatta più e la povertà assoluta è fortemente aumentata. Da allora è diminuita solo nel 2019 per effetto del reddito di cittadinanza. Le proposte sono, tra le altre: 1. arrivare almeno al 60% di occupazione femminile come obiettivo intermedio visto che l’Italia è il fanalino di coda dell’Europa dato che ora meno di una donna su due (meno de 50%) nel nostro Paese lavora; 2) favorire lo sviluppo di una agricoltura sostenibile, nella produzione e nella filiera agroalimentare, economicamente vantaggiosa per gli agricoltori, rispettosa dell’ambiente, socialmente giusta, contribuendo a migliorare la qualità della vita sia degli agricoltori (conduttori, braccianti, migranti) che dell’intera società.
  • Imposte ambientali per il breve e lungo periodoAlessandro Santoro richiama i dati Ocse, aggiornati al 2015, che testimoniano come nel nostro Paese il carbon pricing gap, ovvero la differenza tra il prezzo teorico di una tonnellata di emissioni di CO2 (prezzo benchmark) e il prezzo reale – a sua volta calcolato come somma di ETS, imposte ambientali e carbon tax – sia pari al 46%. Le proposte: 1. prima dell’introduzione di una vera e propria carbon tax, si ritiene che sia possibile intervenire nei prossimi 2-3 anni con una revisione delle aliquote IVA in modo da favorire le filiere di produzione e consumo più sostenibili; 2. nel medio periodo, poi, si potrebbe procedere gradualmente ad una riforma fiscale con riduzione delle aliquote dell’Irpef per i redditi medio bassi, introducendo nel tempo cambiamenti nel nostro sistema fiscale con maggiori imposte ambientali e minori imposte sul lavoro.
  • Obiettivo: equità territoriale, intergenerazionale e di genereChiara Saraceno mette in guardia contro i fenomeni, resi evidenti dalla crisi derivante dalla pandemia, del dissesto sociale e territoriale, che si riscontra in varie parti del Paese e che favorisce lo spopolamento dei territori marginali, e il digital divide, che ha creato fenomeni di squilibrio legati alla poca dimestichezza tecnologica e che ha amplificato le distanze territoriali e sociali. Le proposte avanzate sono: 1. varare un piano sistematico di messa in sicurezza del territorio che, richiedendo azioni e competenze diverse, mobiliterebbe una domanda di lavoro diffusa e articolata e che contribuirebbe anche a contrastare lo spopolamento delle aree interne e marginali; 2. realizzare un programma operativo per colmare il digital divide con adeguamenti tecnico-infrastrutturali e programmi di formazione capillari per la popolazione; 3. un forte investimento sulle nuove generazioni per superare le diseguaglianze che si formano già dalla più tenera età – a partire dal sistema educativo – e per rendere effettive e praticate le pari opportunità tra uomini e donne.

Roma, 18 giugno 2020

Mentre il Climate Change accelera, il Comune sonnecchia

Sono passati oltre sei mesi da quel 22 luglio 2019 nel quale il Comune di Parma aveva dichiarato, con una mozione votata dal Consiglio a larghissima maggioranza,  l’emergenza climatica. La mozione impegnava l’Amministrazione a “predisporre entro sei mesi un piano urgente e credibile(…)” per fronteggiare la sfida del Climate Change sia in termini di mitigazione che di adattamento. Ad oggi, purtroppo, non si vede traccia di quelle misure “concrete, veloci e radicali” che avevamo chiesto (clicca).

Per questo abbiamo inviato una lettera, che riportiamo di seguito, all’Assessora all’Ambiente Benassi e a tutti i membri del Consiglio Comunale, per chiedere conto delle azioni intraprese.

L'immagine può contenere: testo

Spett.le Comune di Parma, Gent.ma Ass. Tiziana Benassi, Gentili Consiglieri

Sono ormai trascorsi oltre sei mesi da quando, lo scorso 22 luglio 2019, il Consiglio Comunale di Parma ha approvato, a larga maggioranza e con abbondante eco mediatica, la Mozione di dichiarazione di Emergenza Climatica.

In questo periodo, per quanto sia dato sapere, ben poco è stato messo in atto per ottemperare agli impegni che la Mozione imponeva all’Amministrazione, per l’appunto entro il termine di sei mesi.

Siamo a conoscenza che qualcosa è stato predisposto di recente nell’ambito dell’efficienza energetica dei condomini, ma non ci risulta alcun piano che tenga insieme, in una visione multidisciplinare, organica, strategica, i temi indicati dalla Mozione: “(…) riduzione delle emissioni e per l’introduzione delle energie rinnovabili, per incentivare il risparmio energetico, nei settori della pianificazione urbana, della mobilità, negli edifici, nel riscaldamento e raffreddamento”.

Non risulta inoltre alcun atto concreto riguardo il secondo punto degli impegni assunti, cioè quello riguardante la predisposizione di un piano di adattamento locale, che riteniamo invece imprescindibile ed urgente, e la cui mancanza espone ogni giorno la popolazione di Parma ad un rischio crescente, vista la costante accelerazione del cambiamento climatico, confermata da tutti i dati osservati, sia globali che locali.

Vi chiediamo pertanto di informare nel dettaglio noi e i Cittadini degli atti assunti fino ad oggi in relazione a quanto disposto dalla mozione, nonchè dei programmi per l’immediato futuro.

nuovo documento IPCC sul rapporto tra cambiamento climatico e suolo

L’IPCC, Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico dell’ONU, ha pubblicato il rapporto speciale Climate Change and Land (SRCCL) su clima, desertificazione, degrado del suolo, gestione sostenibile del territorio, sicurezza alimentare e flussi di gas serra negli ecosistemi terrestri. Il Report è stato approvato mercoledì 7 agosto 2019 a Ginevra, e presentato in conferenza stampa l’8 agosto. A questo link trovate la versione ridotta, il Summary for policymakers, al momento disponibile in inglese, ma che dovrebbe presto uscire nella traduzione italiana.

Per capire l’importanza del tema, basta leggere il paragrafo di apertura del report:

“Il suolo fornisce le basi fondamentali per la vita e il benessere umano, tra cui cibo, acqua dolce, e molteplici servizi ecosistemici, oltre alla biodiversità. L’uso umano impatta direttamente più del 70% (tra il 69 e il 76%) della superficie del globo libera da ghiacci. Il suolo gioca un ruolo importante anche nel sistema climatico. “

report ipcc suolo.jpg

OVERSHOOT DAY: OGGI L’UMANITÀ HA ESAURITO IL ‘BUDGET’ ANNUALE DEL PIANETA

STIAMO UTILIZZANDO LE RISORSE DELLA TERRA COME SE AVESSIMO A DISPOSIZIONE 1,75 PIANETI

Secondo i calcoli del metodo dell’Impronta Ecologica promosso dal Global Footprint Network, oggi 29 luglio l’umanità avrà utilizzato il budget di risorse naturali che il nostro Pianeta ci ha messo a disposizione per quest’anno. Secondo questi calcoli l’umanità sta attualmente utilizzando le risorse del pianeta come se disponessimo di 1,75 pianeti.

Si tratta di un sovrasfruttamento che è reso possibile perché continuiamo, anno dopo anno, a consumare il nostro capitale naturale. La ricchezza del nostro capitale naturale costituisce anche la base del nostro benessere e del nostro sviluppo. Non imboccare la strada dello sviluppo sostenibile (come indicato dall’Agenda 2030 approvata nel 2015 da tutti i paesi del mondo in sede Nazioni Unite e da tutte le grandi convenzioni internazionali, come quelle sul cambiamento climatico, sulla diversità biologica, sulla desertificazione, costituisce un errore gravissimo per il nostro immediato futuro.

Non possiamo avere uno sviluppo umano con un Pianeta saccheggiato e che ha sempre più difficoltà a provvedere alle capacità di rigenerazione dei sistemi naturali per le generazioni future. I costi del nostro sovrasfruttamento li constatiamo nella continua deforestazione, nell’erosione del suolo, nella perdita di biodiversità, nell’accumulo di gas climalteranti (in particolare l’anidride carbonica) nell’atmosfera.

Secondo il calcolo dell’impronta ecologica nel 1970 il nostro consumo di risorse naturali era pari alla produzione sostenibile delle risorse sul pianeta: da allora si è andato erodendo fino a raggiungere, anno dopo anno, l’attuale 29 luglio, la data più anticipata mai registrata.

In questi giorni le Nazioni Unite hanno inoltre presentato l’ultimo World Population Prospects 2019, il 26° rapporto di questo tipo che include gli avanzamenti sulle stime della popolazione mondiale dal 1950 ad oggi, con le proiezioni circa l’entità della possibile popolazione a partire da quest’anno sino al 2100, anno per il quale il report 2019 prevede una popolazione di circa 11 miliardi di abitanti (per l’esattezza 10 miliardi e 875 milioni).

La popolazione mondiale che oggi è di 7,7 miliardi di abitanti crescerà di altri 2 miliardi nei prossimi 30 anni e diventerà di 9,7 miliardi nel 2050. La popolazione mondiale attuale risulta essere quasi 10 volte di più degli 800 milioni di persone che si stima vivessero nel 1750, data indicata come inizio della Rivoluzione Industriale, e continua a crescere a un tasso di circa 83 milioni di individui l’anno.

Anche la popolazione urbana è cresciuta con grande rapidità. È passata dai 746 milioni di abitanti del 1950 giungendo quasi ai 4 miliardi del 2014. Si prevede che la popolazione urbana incrementerà di 2,5 miliardi nel 2050, sorpassando quindi in quel periodo i 6 miliardi. Alla metà di questo secolo avremo una popolazione urbana equivalente alla popolazione globale che era presente sul pianeta nel 2002.

Le nuove proiezioni del Prospects 2019 indicano che la popolazione mondiale continua a crescere anche se i tassi di crescita sono molto diversi a secondo dei paesi e delle aree geografiche. Nove paesi faranno più della metà della popolazione globale prevista da qui al 2050 e sono, in ordine decrescente dell’incremento atteso, India, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, la Repubblica Unita di Tanzania, Indonesia, Egitto e Stati Uniti d’America. Per fare un esempio, l’Africa subsahariana passerà dagli attuali 1 miliardo e 66 milioni a 2 miliardi e 118 milioni nel 2050. Non possiamo continuare con la crescita della popolazione, la crescita dei consumi, la crescita della profonda ineguaglianza sociale ed economica che sta soffocando il nostro mondo. È fondamentale cambiare rotta e prima lo facciamo meglio è.

L’intervento umano, come ci ha ricordato il recentissimo Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services dell’IPBES, l’organismo delle Nazioni Unite che svolge per la biodiversità, il ruolo svolto dall’IPCC per il clima) sta rendendo almeno un milione di specie viventi in via di estinzione nei prossimi decenni, su di una stima delle specie esistenti ritenuta intorno agli 8 milioni. Il tasso totale di estinzione delle specie è già oggi a un livello che supera dalle decine alle centinaia di volte la media del livello di estinzione verificatasi negli ultimi 10 milioni di anni. E’ già stato sin qui documentato persino il rapido declino di diverse popolazioni di insetti in alcune aree e in diversi paesi, in particolare di molte specie impollinatrici fondamentali per il futuro della nostra alimentazione (gli studiosi ritengono valida una stima del 10% complessivo di specie di insetti minacciati globalmente di estinzione).

L’intervento umano ha inoltre trasformato significativamente il 75% della superficie delle terre emerse, ha provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche ed ha distrutto l’85% delle zone umide. Questo sconcertante tasso di cambiamento globale della struttura e delle dinamiche degli ecosistemi della Terra, dovuto alla nostra azione, ha avuto luogo in particolare negli ultimi 50 e non ha precedenti nella storia dell’umanità. Le cause principali sono, nell’ordine, la modificazione dei terreni e dei mari, l’utilizzo diretto delle specie viventi, il cambiamento climatico, l’inquinamento e la diffusione delle specie aliene.

Il WWF richiama l’attenzione sulla grande sfida per il 2020, anno in cui scadranno alcuni importanti target dell’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, approvata da tutti i paesi del mondo alle Nazioni Unite nel 2015, scadrà la strategia decennale (2010-2020) per la difesa della biodiversità mondiale in ambito della Convenzione ONU sulla Diversità Biologica e inoltre si rivedranno gli impegni volontari presi da tutti i paesi per concretizzare l’Accordo di Parigi del 2015 della Convenzione Quadro ONU sui Cambiamenti Climatici. Già sappiamo, dalle attente analisi sin qui svolte, che i contributi volontari dichiarati dai vari paesi, anche se fossero tutti concretamente realizzati, non basterebbero a mantenere la temperatura media della superficie terrestre sotto i 2°C di crescita rispetto all’epoca preindustriale.

Un’occasione unica per mettere a sistema un insieme di proposte operative e concrete mirate soprattutto allo sforzo senza precedenti necessario per la nuova strategia decennale futura (2020-2030) destinata a fermare la perdita di biodiversità nel mondo, che costituisce l’assicurazione fondamentale per la vita di noi tutti. Dovremmo cercare di proteggere almeno il 50% della superficie del nostro pianeta entro il 2030 avviando per questo anche un’ampia operazione di ripristino degli ecosistemi mondiali come annunciato dalle stesse Nazioni Unite che hanno lanciato nel marzo scorso l’avvio del decennio dell’Ecosystems Restoration.

Per questo il WWF sta cercando di mobilitare governi, parlamenti, imprese, organizzazioni, cittadini per un grande Global Deal per la Natura e la Gente (Global Deal for Nature and People) affinchè tutti si impegnino concretamente a ristabilire un equilibrio tra natura e umanità.

L’Overshoot Day ricorda a ciascuno quanto umanità e natura e siano interdipendenti e tra di loro connesse e proprio per raccontare questa connessione, il WWF lancia in occasione della giornata di oggi un nuovo video “Noi siamo Natura” scritto e diretto da Giacomo Cagnetti e Rovero Impiglia (www.jackandrov.com) raccontato dalla voce di Flavio Aquilone con musiche di Cristiano Corradetti.


Nel video, i due registi marchigiani ci ricordano quanto l’essere umano e la natura siano interdipendenti e connessi: dalla luce del sole, alle onde del mare, dal caffè della mattina agli abiti che si indossano, “noi siamo la speranza, noi siamo il coraggio delle nostre scelte, l’origine di tutte le connessioni, noi siamo natura”.