Il Porta a Porta è un atto di civiltà, nessuna nostalgia dei cassonetti

Dopo settimane di polemiche abbiamo preso posizione sulla questione del sistema porta a porta di raccolta rifiuti, ritornata di attualità con la distribuzione dei contenitori grigi per l’indifferenziato nel centro storico. Leggendo i titoli sui media locali, che strepitano di “schiavi dei bidoncini” e addirittura di “tormento”, non possiamo non sottolineare come questa ricorrente speculazione mediatico/politica sul sistema di raccolta rifiuti abbia ormai raggiunto livelli che sconfinano nel ridicolo. Eppure il percorso con il quale la nostra Comunità, solo pochi anni fa, aveva abbracciato il sistema “porta a porta” era stato promosso dalla potenza di un movimento dal basso capace perfino di influire sull’elezione un Sindaco. Che cosa rimane di quella formidabile spinta civile e culturale? Possibile che ci siamo dimenticati che la raccolta porta a porta non è solo un modo per liberarci di ciò che scartiamo, ma uno degli impegni più tangibili che tutti possiamo prendere verso la sostenibilità ambientale, la riduzione degli sprechi, la promozione di stili di vita rispettosi del nostro pianeta? Farci carico di una piccola parte dello sforzo (e sì, anche di un minimo di disagio), non delegare ad altri la soluzione di un problema di cui siamo tutti responsabili, rispettare alcune elementari regole e orari, è il minimo che possiamo fare, come individui e come comunità, per la tutela del pianeta e per le generazioni future.

Sia chiaro, siamo consapevoli che il servizio garantito da Iren può e deve essere migliorato, per rispondere alle necessità di tutti i Cittadini. Ma questo non giustifica assurdi tentativi di ripristinare metodi anacronistici e dannosi come i cassonetti stradali, e rileviamo con soddisfazione come l’Amministrazione stia tenendo il punto senza tentennamenti.

Per concludere, vorremmo dedicare ai nostalgici dei cassonetti una “cartolina” che dimostra come non sia un ritorno al passato a poter contribuire a quel “decoro” di cui tanto parlano, evidentemente senza reale cognizione di causa”

tra pulizia dei fiumi e colpe degli ambientalisti, il parere del’AI

Leggiamo da giorni commenti indignati a seguito del recente evento di piena del Baganza, che attribuiscono la colpa di tutto alla vegetazione nell’alveo e ai potentissimi ambientalisti che impediscono di “pulire” e “dragare” i fiumi per garantire la sicurezza delle popolazioni. Identica narrazione ha seguito la ben più tragica alluvione in Romagna dello scorso maggio, anche ad opera di figure influenti della politica o del giornalismo.

Ritenendo ormai inutile ribattere, vista l’evidente impossibilità di avere la meglio su una tesi così semplice e consolatoria, abbiamo deciso di compiere un piccolo esperimento cultural-tecnologico, rivolgendo al più noto servizio di Intelligenza Artificiale due semplici domande:

E’ vero che per prevenire le alluvioni bisogna eliminare la vegetazione nell’alveo dei fiumi?

E’ vero che sono gli ambientalisti che impediscono il taglio della vegetazione nell’alveo dei fiumi?

    Ecco le risposte ricevute, crediamo non ci sia nulla da aggiungere:

    1. Non è corretto affermare che eliminare completamente la vegetazione dall’alveo dei fiumi sia una soluzione efficace per prevenire le alluvioni. In realtà, la vegetazione svolge un ruolo importante nella gestione idrica naturale e nella prevenzione delle alluvioni. La vegetazione, come gli alberi, le piante acquatiche e le erbe, può contribuire a stabilizzare le rive dei fiumi e a ridurre l’erosione del suolo. Le radici delle piante possono agire come “ancoraggi” che trattenendo il suolo, aiutano a prevenire il lavaggio del terreno durante piogge intense. Inoltre, la vegetazione può rallentare il flusso dell’acqua e assorbire una parte dell’acqua piovana, contribuendo a ridurre il picco di piena durante eventi meteorologici estremi.
    2. Non è corretto generalizzare che siano gli ambientalisti ad impedire il taglio della vegetazione nell’alveo dei fiumi. La gestione della vegetazione nei fiumi è un argomento complesso che coinvolge diverse prospettive e considerazioni. Gli ambientalisti, così come gli esperti in idrologia e gestione delle risorse idriche, spesso promuovono un approccio bilanciato alla gestione della vegetazione nei fiumi. Cercano di garantire che vengano adottate pratiche sostenibili che tengano conto del ruolo importante che la vegetazione svolge nell’ecosistema fluviale.

    IL DECLINO DELLA BIODIVERSITÀ ANIMALE

    Stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti drammatici sotto svariati punti di vista. I drammi ambientali a cui stiamo assistendo stanno alterando in maniera così importante gli ecosistemi che gli scienziati hanno sentito la necessità di coniare un nuovo termine per identificare questo periodo geologico: antropocene, ovvero l’epoca dell’uomo. Nonostante il disaccordo su quando collocare il suo effettivo inizio, si può ragionevolemte supporre che esso sia iniziata a partire dalla metà del secolo XX, nel contesto del “The Great acceleration”. L’incremento demografico, il sovrasfruttamento delle risorse, l’aumento nelle concentrazioni di gas serra, l’incremento nell’utilizzo di pesticidi e di sostanze inquinanti e il consumo di acqua e suolo sono solo alcuni dei trend socio-ambientali cui stiamo assistendo e ognuno di essi contribuisce, fra le altre cose, al declino della biodiversità.

    Lo stato della biodiversità animale: il Living Planet Index (LPI) WWF del 2022
    Il Living Planet Index sviluppato dal WWF rappresenta una misura dello stato di salute della diversità biologica sulla Terra con un focus particolare sui vertebrati ed è calcolato basandosi sui trend di abbondanza relativa di numerose specie selvatiche.
    I dati di abbondanza relativa (ovvero la % con cui una specie contribuisce al totale degli individui di una comunità) sono importanti indicatori realtivamente ai cambiamenti di un dato ecosistema in un dato momento: i suoi cali ci dicono che un certo ecosistema è in sofferenza.
    Il grafico seguente mostra la variazione media dell’abbondanza relativa di 5.230 specie di vertebrati terrestri e acquatici monitorate a livello globale, a partire dal 1970, anno di pubblicazione del primo LPI. La linea bianca mostra i valori dell’indice: al 2018 il calo medio nell’abbondanza delle popolazioni è del 69%!

    Questo grafico però fornisce una visione generale a livello dell’intero pianeta. In realtà esistono differenze fra le varie parti della terra: il declino maggiore lo si osserva nelle aree dell’America latine e dei Caraibi, che hanno conosciuto un decremento molto rapido ed accentuato: in tali casi il valore LPI ha raggiunto il 94%.

    E gli insetti?
    Un gruppo di animali che spesso è ingiustamente trascurato (o odiato) dai più sono gli insetti. Come stanno i rappresentanti di questa immensa classe degli artropodi?

    Quest’immagine rappresenta il cosiddetto “aneddoto del parabrezza”, come definito da J. Acorn, secondo cui è facile notare che il numero degli insetti morti spiaccicati sui nostri parabrezza dopo aver guidato sia sensibilemnte minore rispetto a quanto era un tempo. Un’immagine forse poco “scientifica” ma sicuramente molto efficace come strumento comunicativo e che riassume lo stato di questa classe di animali.


    Un recente studio ha infatti stimato che ogni anno, le popolazioni di insetti a livello mondiale, diminuiscono di un valore compreso fa l’1% e il 2%. Una vera e propria “apocalisse”, come la definiscono gli autori, dal momento che gli insetti giocano un ruolo fondamentale negli equilibri di moltissimi ecosistemi, fra i quali quelli agrozootecnici che caratterizzano più del 55% del territorio della nostra regione.


    Le cause principali del loro declino, neanche a dirlo, rientrano nell’ H.I.P.P.O. descritto brevemente qui sopra: predita di habitat (H) e deforestazione, introduzione di specie esotiche invasive (I) e utilizzo indiscriminato di pesticidi (P).
    L’impatto più preoccupante riguarda in particolare tutti gli impollinatori, un vasto gruppo di insetti che permettono la fecondazione delle piante e di conseguenza anche la produzione del cibo.

    Ma chi sono gli impollinatori? E quanti sono?
    Nell’immaginario collettivo, quando si pensa agli impollinatori, il pensiero ricade immediatamente sulle api, in quanto ben note e presenti sul territorio italiano con 151 specie native. Ma nella realtà dei fatti sono ben 350.000 le specie che in qualche modo svolgono il ruolo di impollinatori, fra i quali ricordiamo i sirfidi, le farfalle, le vespe, le falene, alcuni coleotteri e anche alcuni pipistrelli! A questo elenco è doveroso anche aggiungere le zanzare: nonostante siano odiate e temute per le loro punture che possono anche trasmettere malattie infettive gravi, esse svolgono un ruolo importante come impollinatori e sono anche fonte di cibo per altri animali, come ragni e uccelli.


    L’Italia ha redatto due liste rosse (Red List della IUCN*) per i due gruppi maggiori: api e farfalle.
    ⦁ Lo stato delle farfalle. Riportiamo il testo della Rd List: “Delle 289 specie valutate, una è estinta nella regione in tempi recenti. Le specie minacciate di estinzione sono un totale di 18, pari al 6.3% delle specie valutate. La maggior parte delle popolazioni italiane sono stabili”.
    ⦁ Lo stato delle api. Riportiamo il testo della Red List: “Delle 151 specie valutate, 5 sono in pericolo critico di estinzione e non sono state ritrovate di recente, pertanto sono considerate potenzialmente estinte. Altre 2 specie sono in pericolo critico, 10 specie sono in pericolo, 4 specie sono vulnerabili (in totale sono quindi 21 le specie a rischio di estinzione) e altre 13 sono prossime ad uno stato di minaccia”.


    Inoltre il valore economico derivante dall’impollinazione operata da questi insetti si aggira sui 153 miliardi di euro all’anno, a livello mondiale!


    *La IUCN è l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, un’organizzazione non governativa internazionale che si prefigge di studiare la natura e la biodiversità per imparare a conoscerla e a proteggerla. Fra le altre cose stila le Liste Rosse (Red List), un elenco di specie (dai vertebrati agli insetti, dai coralli alla flora) che vengono valutate in base al loro stato di conservazione in estinte, in pericolo, vulnerabili e così via per permettere una pianificazione nella gestione della biodiversità. Ecco il link al sito: http://www.iucn.it/


    Prima di lasciarci, vi vogliamo suggerire due libri molto interessanti sul tema estinzioni e declino delle biodiversità:
    La sesta estinzione – una storia innaturale. Elisabeth Kolbert, 2016
    Terra silenziosa – come possiamo e perchè dobbiamo evitare che gli insetti scompaiano. Dave Goulson (il Saggiatore, 2022)

    Le nostre fonti:
    ⦁file:///C:/Users/lnv%20f0fw004jix/Desktop/argomenti%20rubrica%20settimanale/Screen%20e%20infografiche%20per%20post/WWF-LivingPlanetReport2022.pdf
    https://www.greenme.it/ambiente/natura/insetti-estinzione-massa/
    https://www.isprambiente.gov.it/it/archivio/notizie-e-novita-normative/notizie-ispra/2021/09/insetti-e-impollinatori-il-9-di-api-e-farfalle-a-rischio-estinzione
    https://futureearth.org/2015/01/16/the-great-acceleration/
    https://www.agrifoodtoday.it/ambiente-clima/api-morti-impollinazione.html
    https://www.practicepraxis.org/journal/an-unprecedented-attempt-to-delegate-extinction-to-the-chapters-of-history-a-review-of-joe-romans-listed-and-a-small-discussion-on-endangered-species
    https://www.wwf.it/specie-e-habitat/specie/impollinatori/#:~:text=Gli%20insetti%20impollinatori%20non%20sono,falene%2C%20alcuni%20coleotteri%20e%20vespe.
    https://greenreport.it/news/comunicazione/a-cosa-servono-le-zanzare/

    La salute urbana

    IS Global Ranking è un progetto che si prefigge di studiare l’impatto sulla salute umana dell’inquinamento e dei trasporti urbani in numerose città europee, identificando quale di queste ha la più alta mortalità (e quale la più bassa) dovuta all’esposizione urbana, riferendosi con questo termine all’inquinamento dell’aria, alla % di spazi verdi presenti sul territorio e all’inquinamento acustico delle città.
    Per farlo, analizza migliaia di dati provenienti da 1.000 città distribuite in 30 paesi europei sulla base dei quali assegna uno score ad ognuna di esse, costruendo così una classifica. Per quanto riguarda gli inquinanti atmosferici che vengono considerati, tali punteggi sono calcolati attraverso un algoritmo che tiene conto del tasso di mortalità, della % di morti evitabili e degli anni di vita persi dovuti ad ogni inquinante.
    Nelle tabelle seguenti, vi proponiamo i risultati dell’analisi effettuata sulla nostra città, Parma, con riferimento all’inquinamento atmosferico, in particolare da PM2.5 e NO2.

    Attenzione: la classifica assegna valori tanto più bassi quanto più la città in esame ha il dato di mortalità elevato, quindi la città classificata come prima sarà quella con il dato di mortalità peggiore fra tutte le città considerate.

    Ma ecco i risultati per la nostra città:

    Come si può notare, Parma è in 35esima e 208esima su 858 città per PM2.5 e NO2 rispettivamente, decisamente non grandi posizioni. Inoltre il valore annuale medio per entrambi gli inquinanti è abbondantemente superiore a quanto raccomandato dall’OMS, ma inferiore rispetto al livello massimo stabilito dall’UE.
    Viene anche mostrato il dato “deaths that could be avoided” (morti che potrebbero essere evitate) nel caso ipotetico in cui i limiti previsti dall’organizzazione mondiale della sanità fossero rispettati:

    PM2.5 NO2

    Secondo voi quali sono le fonti di emissione principali dei PM2.5 e NO2?

    Se avete pensato al settore dei trasporti o dei consumi domestici ci avete visto giusto: per il PM2.5 infatti risultano essere questi ultimi i principali responsabili delle maggiori emissioni mentre per la NO2 è il traffico veicolare.

    Un altro dato interessante può essere letto anche da questa tabella, che mostra, per le città prese in considerazione – ovvero circa 1000 in tutta Europa – quelle con il più alto “carico” di mortalità: considerando sia i PM2.5 che l’NO2, la metà di queste sono città italiane! Un triste fatto su cui riflettere…

    Link al sito: https://isglobalranking.org/

    La transizione ecologica e i suoi costi

    La sopravvivenza delle specie presenti sulla Terra, uomo compreso, è fortemente dipendente dallo “stato di salute” della biodiversità. Questo termine apparentemente così semplice, nasconde un significato di vasta portata, poiché comprende non solo la ricchezza e la diversità delle specie viventi sul nostro pianeta – dal livello molecolare al livello di ecosistema – ma anche la diversità delle interazioni fra gli organismi e il loro ambiente di vita.

    Le stesse società umane si sono sviluppate e accresciute nel corso dei secoli grazie alla biodiversità e ai processi che si svolgono all’interno degli ecosistemi, tanto che il Millenium Ecosystem Assessment (MEA), l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa di studiare l’impatto della distruzione degli ecosistemi sul benessere umano, ha definito il concetto di serivizi ecosistemici, inteso come «i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano». Questi servizi possono essere suddivisi nelle categorie mostrate nel grafico seguente:

    La conoscenza di tutti questi fondamentali servizi resi alle nostre comunità, ha spinto i bioeconomisti a “monetizzare” la natura, ovvero assegnare ai vari servizi ecosistemici un valore economico. Questo passaggio, per quanto rischioso e difficile possa essere, può in realtà rappresentare uno strumento valido e utile per diffondere la conoscenza dell’importanza dei sistemi naturali anche fra i non addetti ai lavori, come le parti politiche, permettendo loro di proporre ed attuare investimenti “green”, finalizzati ad una transizione ecologica, oggi più che mai necessaria.

    Ovviamente questa transizione richiede sforzi economici importanti, costi destinati ad aumentare considerevolmente nei prossimi decenni se le opportune misure di mitigazione non saranno prontamente messe in atto.

    Per fare un esempio “locale” ed attuale di questi costi, l’Unione Europea ha stanziato ben 360 milioni di euro nei progetti per il raggiungimento della neutralità carbonica (entro il 2030) per ognuna delle 100 città europee selezionate a questo scopo, fra le quali la nostra, Parma.

    Spesso però si tende a pensare solamente a quanto ci costerà questa transizione ecologica quando in realtà si dovrebbe fare il ragionamento inverso, ovvero dovremmo chiederci: quali costi saremo costretti a sostenere se non attuassimo questa transizione?

    Vediamo qualche numero.

    Stime del Global Turning Point Report 2022 di Deloitte ci dicono che il costo del cambiamento ambientale potrebbe raggiungere i 178 trilioni di dollari nei prossimi 50 anni se non saranno adottate misure di mitigazione e compensazione dei danni ambientali dati dall’impronta antropica sul pianeta.

    Studi dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ci dicono che sono circa 1,4 milioni le persone che muoiono ogni anno in Europa per cause dovute ai rischi ambientali, di cui ben la metà dovute all’inquinamento atmosferico. L’estate scorsa oltre 20.000 persone sono morte solamente per il caldo estremo.

    Il progetto europeo ESPON TITAN, conclusosi nel 2017, ci dice che negli ultimi vent’anni abbiamo assistito anche al susseguirsi di eventi estremi che aumentano di frequenza e di intensità generando danni stimati per un totale di 77 miliardi di euro; esempi recenti sono l’ alluvione in Romagna o le grandinate che hanno devastato il Veneto e la Lombardia. L’agenzia europea per l’ambiente invece ci informa che, considerando gli ultimi 40 anni, il costo dei danni ambientali sale addirittura a 446 miliardi di euro.

    Come è facile comprendere dalle stime riportate sopra, gli innumerevoli costi che i cambiamenti ambientali stanno portando non si limitano quindi alla sola sfera economica, ma coinvolgono direttamente anche la salute umana e la stabilità del territorio. E questi costi potrebbero conoscere rialzi significativi nel prossimo futuro, coinvolgendo di conseguenza le prossime generazioni.

    Nature Restoration Law: e adesso cosa si fa?
    La Nature Restoration Law approvata lo scorso 12 Luglio dalla Commissione Europea è un’ importante legge che si prefigge di arrestare ed invertire il trend di peggioramento dello stato degli ecosistemi europei: si stima infatti che ben l’80% degli habitat sul territorio comunitario siano in condizioni di declino. Nonostante le iniziali resistenze di alcune parti politiche, la legge è fortunatamente passata anche se con qualche taglio rispetto alla sua formulazione originaria.

    Questo provvedimento mira a:

    ⦁ ripristinare almeno il 20% del territorio terrestre e marino ed impedirne l’ulteriore deterioramento;
    ⦁ contribuire al raggiungimento degli obiettivi di mitigazione del riscaldamento climatico;
    ⦁ assicurare un recupero della biodiversità per rendere la natura resiliente
    ⦁ costruire un’Europa robusta, equa e sostenibile.

    Inoltre, si stima che per ogni singolo euro investito nella protezione della natura, potremmo ricevere un benefit di ritorno – in termini di servizi ecosistemici – che spazia dagli 8€ ai 38€.

    Ma concretamente quali misure sarebbe opportuno adottare? Abbiamo preparato un piccolo elenco, non esaustivo, delle azioni utili che sono state individuate da vari esperti, per attuare la Nature Rrestoration:

    Rinaturalizzazione dei corsi fluviali. Si potrebbero sfruttare le opere di ingegneria naturalistica per creare casse di espansione utili a mitigare gli eventuali danni derivanti dalle piene sempre più frequenti e devastanti oppure sfruttare le tecniche di biorimediazione ambientale, come la fitodepurazione per ripulire i fiumi dall’inquinamento;

    Connettività fra gli ecosistemi. Creare corridoi ecologici per preservare la biodiversità e mantenere l’integrità dei sistemi ambientali;

    Preservare le petland (ovvero le torbiere), ambienti fondamentali in quanto importanti serbatoi di carbonio (uno strato di 15cm di torbiera contiene più carbonio per ettaro rispetto a una foresta tropicale!);

    Inserimento di elementi naturali negli agroecosistemi, come semplicemente delle siepi attorno alle coltivazioni, in modo tale da favorire una maggior biodiversità, in particolare quella degli insetti impollinatori (ma non solo); calare o meglio, azzerare l’utilizzo di pesticidi di sintesi;

    Opere di greening urbano. Più verde in città porta notevoli vantaggi, come proteggerci dalle isole di calore negli spazi cittadini, rimuovere gli inquinanti ma anche tutelare la nostra salute psicofisica.

    Ognuna di queste azioni si tradurrà in protezione integrata della natura, con benefici diretti sulla biodiversità ma anche sul nostro benessere psicologico, fisico e sociale. E non solo: le alterazoni climatiche saranno mitigate, gli eventi alluvionali e le siccità contenute, la protezione del capitale naturale renderà gli ecosistemi più robusti e resilienti, quindi meno impattati e più produttivi, in un’ottica di sostenibilità.

    Riteniamo l’approvazione di questa legge un passo fondamentale nella difesa comunitaria della natura.

    Non sprechiamo questa opportunità.

    Le nostre fonti:

    ⦁https://environment.ec.europa.eu/topics/nature-and-biodiversity/nature-restoration-law_en https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/i-costi-che-pi-vanno-calcolati
    ⦁https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/6985_MLG_642010.pdf https://www.gia.pr.it/download/25758/2016/07/Clima-Parma-pioniera.pdf
    ⦁https://www.wwf.it/pandanews/societa/politica/il-manifesto-per-la-nature-restoration-law/ https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=115289
    ⦁https://greenreport.it/news/economia-ecologica/clima-quanto-ci-costa-non-fare-la-transizione-energetica/
    ⦁https://www.huffingtonpost.it/dossier/terra/2023/07/13/news/piu_spazio_ai_fiumi_e_ai_campi_bio_cosi_il_restauro_della_natura_cambiera_il_paesaggio-12667173/
    ⦁http://www.lipu.it/news-natura/notizie/16-comunicati-stampa/1892-il-testo-del-manifesto-a-sostegno-della-nature-restoration-law
    ⦁https://www.greenplanner.it/2022/06/10/transizione-ecologica-costi/#:~:text=con%20benefici%20superiori-,Quanto%20costa%20la%20transizione,Tanto%2C%20ma%20con%20benefici%20superiori&text=Non%20possiamo%20permetterci%20ulteriori%20ritardi,dollari%20nei%20prossimi%20cinquant’anni

    UN CALDO DA RECORD

    L’Italia, così come il resto dell’Europa, è da qualche settimana sotto la morsa di due anticicloni africani che si sono susseguiti, Cerbero e Caronte, che hanno portato temperature estremamente elevate su tutto lo stivale, Parma compresa.

    Proprio ieri notte (fra il 19 e il 20 luglio) è stata registrata in città la temperatura minima più alta di quest’estate 2023, ben 26,1°C, che ha tenuto svegli molti di noi. Ma secondo Il Meteo.it, questo anticiclone dovrebbe indebolirsi in questi giorni, almeno nel nord del paese, si spera, riportando un po’ di riposo da questo gran caldo.
    Questa estate 2023 ha già visto il raggiungimento di traguardi molto “caldi” non solo in Italia, ma in tutta l’Europa: andiamo subito a vedere qualche dato preoccupante.
    Secondo il servizio Copernicus Climate Change dell’UE, infatti, il mese di giugno 2023 è stato il giugno con le temperature più elevate a livello globale, con +0,53°C rispetto alla media 1991-2020, superando così il precedente record del 2019. Tale dato si riferisce a tutta l’Europa nord-orientale, ma anomalie significative sono state riscontrate anche in parte del Canada e degli Stati Uniti, oltre che in Asia, Russia e Australia.

    Copernicus poi ci dice che anche la temperatura a livello della superficie dei mari ha raggiunto un valore da record, sempre con riferimento al periodo 1991-2020 (linea nera nel grafico).

    Un ulteriore dato ci informa sullo stato del ghiaccio marino antartico, che ha conosciuto una riduzione della sua estensione del 17% sotto la media da quando sono iniziate le osservazioni satellitari.
    Ma i record non finiscono qui.
    Secondo uno studio del Barcelona Institute for Global Health, un’altra serie di numeri estremi relativi al caldo estremo è stata raggiunta in Europa negli ultimi anni. Il rapporto, pubblicato quest’anno, si riferisce al numero dei morti per cause correlate all’incremento delle temperature nel periodo 2015-2022, per 823 regioni in 35 paesi europei, per un totale di 543 milioni di persone. I numeri sono i seguenti:
    a. 61.672 morti attribuibili al caldo in Europa nel periodo considerato;
    b. 18.010 i decessi registrati solamente nella nostra nazione: un primato triste per l’Italia, che risulta essere il paese con il numero di morti maggiore dovuti al caldo rispetto agli altri paesi europei;
    c. il 63% di queste morti sono donne: in Italia, dei 18.010 decessi, 11.917 erano donne.

    Per quanto riguarda l’O₃?
    È ormai nota la relazione tra l’inquinamento atmosferico e l’insorgenza di patologie. La situazione italiana, soprattutto nei grandi centri urbani, non è particolarmente felice e la nostra città non fa eccezione. I monitoraggi che le agenzie per l’ambiente, come l’Arpae, effettuano periodicamente si concentrano su inquinanti come PM10, PM2.5, ossidi di azoto e di zolfo; tuttavia, vengono monitorati anche altri tipi di tossici, la cui azione sulla salute umana è meno nota ai più.
    Sebbene siamo tutti a conoscenza del fondamentale ruolo che l’ozono (O3) svolge nel proteggerci dai raggi UV (UV-B e UV-C), particolarmente dannosi per la salute umana, pochi sanno che di per sé è un gas tossico: inalato in quantità relativamente basse può causare irritazioni e dolori al torace e alle mucose orofaringee, oltre che provocare irritazione agli occhi.
    Anche se la risposta all’esposizione di O3 è differente da individuo a individuo, esistono alcune categorie della popolazione particolarmente a rischio:

    • i bambini, che soprattutto durante il periodo estivo trascorrono molte ore all’aperto;
    • le persone con malattie respiratorie croniche come l’asma;
    • le persone sane che praticano attività fisica all’aperto regolarmente, poiché sono più esposte a questo gas durante la giornata.

    Nello strato più basso dell’atmosfera, la troposfera, con cui siamo a contatto diretto ogni giorno, questo tossico si può formare per vie secondarie a seguito di reazioni fotochimiche (che coinvolgono la luce solare) e a partire dagli ossidi di azoto NOx e dai COV (composti organici volatili) generati soprattutto dal traffico veicolare, specie nelle aree urbane e in condizioni in cui vi è la presenza di un’elevata radiazione solare (il giorno estivo per intenderci).
    Proprio per questo motivo Arpae ha monitorato i giorni favorevoli alla formazione di O3 troposferico in Emilia-Romagna, scegliendo come indicatore il superamento di 29°C nella temperatura massima giornaliera per il periodo Aprile-Settembre, dal 2013 al 2022.

    Come è possibile evincere dall’istogramma sottostante, il 2022 è stato l’anno peggiore in questo senso, “comportando un superamento diffuso dell’obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana ed un aumento dei superamenti della soglia di informazione rispetto al 2021″. Come Arpae tende a sottolineare, questo andamento è stato ulteriormente criticato dalle condizioni meteo-climatiche particolarmente calde registrate nel 2022.

    Percentuale di giorni favorevoli alla formazione di ozono troposferico, nel periodo aprile-settembre (2013-2022):

    Inoltre su tutto il territorio regionale, nel 2022, sono stati continuamente superati i valori obiettivo per la salute umana (120 μg/  ) e soprattutto nella zona ovest della regione, per più giorni consecutivi come mostrato dalla seguente mappa che ci mostra la distribuzione territoriale del numero di giorni in cui il massimo giornaliero della media su 8 ore supera i 120 μg/ (2022).

    Le nostre fonti:
    https://climate.copernicus.eu/copernicus-record-north-atlantic-warmth-hottest-june-record-globa
    https://www.gazzettadiparma.it/italia-mondo/2023/07/06/news/giugno-e-stato-il-mese-piu-caldo-di-sempre-722792/
    https://www.nature.com/articles/s41591-023-02419-z
    https://webbook.arpae.it/aria/index.html
    https://webbook.arpae.it/indicatore/O3-obiettivo-a-lungo-termine-per-la-popolazione-00001/?id=670151aa-2fe2-11e2-95e1-11c9866a0f33

    Parma Cittadella musica: incomprensibile la chiusura completa del Parco Ducale

    Il WWF di Parma interviene con un comunicato in occasione dell’apertura della rassegna Parma Cittadella musica. Non siamo contrari in assoluto all’uso degli spazi verdi per eventi musicali -chiarisce l’Associazione – ma riteniamo che siano necessarie scelte più attente da parte dell’Amministrazione. In questa immagine tratta da Google Maps, sono indicati in verde il perimetro del Parco Ducale normalmente aperto al pubblico e in rosso la porzione utilizzata per i concerti della rassegna estiva. Si tratta, ad una stima sommaria, del 20% scarso della superficie totale, crediamo che balzi all’occhio quanto sia incomprensibile la chiusura totale per più giorni dell’intero Parco in occasione di ogni evento. Stando all’avviso pubblicato sul sito del Comune, i cancelli del principale polmone verde del centro di Parma saranno sbarrati per otto giornate su 24 tra il 26 giugno e il 19 luglio. Esattamente un giorno su tre, non poco, considerato che siamo nel periodo dell’anno in cui i Parchi urbani sono infrastrutture strategiche per la salute e il benessere della popolazione, nelle quali trovare riparo dalle ondate di calore rese sempre più intense e prolungate dal cambiamento climatico. Una scelta del tutto incoerente con la dichiarazione di emergenza climatica e con i tanti proclami a base di sostenibilità ai quali ben raramente vediamo seguire azioni concrete. Ci chiediamo se non fosse proprio possibile transennare l’area adibita al concerto, limitandosi a una chiusura parziale. Invece si è scelto ancora una volta di sottrarre agli elementi più fragili della nostra comunità, come anziani e bambini, un bene pubblico, trascurando con leggerezza le conseguenze. Insomma -conclude il WWF – un vero e proprio esproprio di benessere e salute, che crediamo debba essere urgentemente ripensato.

    Nuovo Tardini, una cambiale in bianco sul futuro in cambio di un nastro da tagliare.

    Abbiamo deciso, assieme a tante altre associazioni, di aderire alla campagna di raccolta firme promossa dal Comitato Tardini Sostenibile, perchè riteniamo inaccettabile il modo in cui l’iter è stato portato avanti fino a questo punto.

    L’Amministrazione Comunale, senza apprezzabile soluzione di continuità tra la precedente e l’attuale, ha manifestato una sconcertante abdicazione al proprio ruolo: è bastato che un privato prospettasse un’opera faraonica dicendo “tranquilli, offro io”, perché pensassero di cedere per 90 anni un intero quartiere “chiavi in mano”. Una cambiale in bianco sul futuro in cambio di un nastro da tagliare.

    Riteniamo inaccettabile che il Comune rinunci a valutare seriamente, con uno sguardo aperto, sistemico e lungimirante, se il progetto proposto sia la cosa migliore per la Comunità nel suo insieme, e quali alternative siano concretamente percorribili.

    E di certo non ha migliorato la situazione il recente “processo partecipativo”: un simulacro di consultazione improduttivo e irritante, allestito forse nella speranza di potersi lavare pilatescamente le mani al momento della decisione finale.

    Nell’insieme una vicenda di desolante mediocrità, che crediamo vada fermata per potere eventualmente ripartire su presupposti nuovi, realmente condivisi.

    Cogliamo l’occasione per alcune veloci puntualizzazioni, per fissare almeno nelle linee generali la nostra posizione sulla questione.

    • Non siamo contrari a mantenere il Tardini nell’attuale collocazione, pur sapendo quanto importanti siano gli impatti di un impianto del genere sulla vita del quartiere: ambientali, sociali, di sicurezza, di mobilità, ecc. Riteniamo però che l’ipotesi di mantenerlo in loco, a maggior ragione se si pensa di aggiungere nuove funzioni, debba essere valutata con molta attenzione, mettendo in testa alle priorità la sostenibilità ambientale e sociale per la Comunità. In questo senso crediamo che una ristrutturazione anche drastica sia preferibile alla demolizione e ricostruzione, con il suo corollario di nuovi parcheggi e superfici commerciali.
    • Tra le ipotesi di delocalizzazione emerse in questi mesi – anche se pare che ad oggi non si voglia seriamente considerare questa possibilità – ci sembra che l’unica plausibile, in termini di saldo costi-benefici urbanistici, viabilistici e ambientali, sia quella della zona mercati.
    • Nessuno pensa che il Parma Calcio e il suo Presidente siano i “cattivi” della situazione. Un privato ha tutto il diritto di perseguire i propri interessi nei modi consentiti della legge, e nessuno è così ingenuo da credere che qualcuno arrivi dall’America e di punto in bianco stacchi un assegno da 100 milioni in cambio di un piatto di anolini. Tutto questo non deve però far dimenticare l’articolo 41 della Costituzione, secondo il quale l’iniziativa economica privata “(…) non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza (…)”

    Earth Hour 2022: quale energia per Parma? 3 domande ai candidati Sindaci

    Anche quest’anno, per la quattordicesima volta, il WWF celebra l’Ora della Terra, la grande mobilitazione globale di sensibilizzazione sull’emergenza climatica ed energetica.

    Il tema è ancora più importante in queste ore buie, mentre si sta consumando il dramma dell’invasione dell’Ucraina, conflitto che ha al centro proprio i grandi flussi delle materie prime e delle risorse energetiche. Il WWF Parma rivolge ai candidati sindaci 3 domande sulle loro visioni per il futuro della città in tema di clima ed energia.

    Se le grandi strategie energetiche sono appannaggio di scelte nazionali e sovranazionali, sono infatti proprio le scelte delle Amministrazioni Locali che porteranno queste strategie nella vita quotidiana dei Cittadini, rendendo possibile il contrasto alla catastrofe climatica e una maggiore indipendenza energetica.

    1. Con quali provvedimenti intendete promuovere il risparmio energetico e la transizione verso le fonti rinnovabili nel contesto pubblico e privato, residenziale e produttivo?
    2. Quali strategie e risorse intendete mettere in campo per realizzare gli impegni assunti dal Comune con la dichiarazione di emergenza climatica, finora disattesa? Nello specifico, qual è la vostra visione sul tema dell’adattamento al cambiamento climatico, con particolare riferimento ai fenomeni estremi che ci toccano quotidianamente come siccità, ondate di calore, eventi alluvionali?
    3. Quali piani avete per la mobilità di Parma, importante fonte di emissione di CO2 e causa rilevante (anche se non unica) della pessima qualità dell’aria, che secondo gli scienziati provoca la morte prematura di centinaia di parmigiani ogni anno? Quali scelte intendete portare avanti in tema di infrastrutture di mobilità, ivi compreso l’aeroporto Verdi?

    Earth Hour 2022, patrocinata da ANCI, si celebrerà oggi 26 marzo a Parma con lo spegnimento delle luci sulla facciata del Palazzo del Governatore tra le 20,30 e le 21,30, grazie all’adesione del Comune di Parma.

    La risposta di Andrea Bui di Potere al Popolo

    1. Con quali provvedimenti intendete promuovere il risparmio energetico e la transizione verso le fonti rinnovabili nel contesto pubblico e privato, residenziale e produttivo?

    Riteniamo che il compito primario di un’amministrazione comunale sia quello di creare le condizioni e fornire gli strumenti affinché sia la collettività tutta a impegnarsi nel risparmio energetico e a supportare la transizione alle rinnovabili. Le scelte individuali sono importanti, spesso un primo passo necessario; mai, tuttavia, sufficiente. Esse richiedono, per rivelarsi efficaci, una strategia complessiva cui l’amministrazione deve dare un importante contributo. Che tale strategia debba essere urgentemente implementata è ormai noto ai più; per quanto ci riguarda, crediamo sia importante mettere in evidenza quanto le rinnovabili costituiscano sempre più energie per la pace, dal momento che solo su di esse è oggi possibile immaginare l’indipendenza del sistema elettrico nazionale (e locale).

    Per quanto riguarda produzione e distribuzione di elettricità, il nostro approccio ci sembra ben interpretato dalle comunità energetiche. Si tratta di pratiche gestionali collaborative in grado di declinare, secondo soluzioni e strategie ottimali per l’ambito locale, l’impiego di fonti rinnovabili per la produzione sostenibile di energia. Le comunità energetiche, quindi sono un grande passo avanti rispetto alla somministrazione “alla cieca” di contributi per l’installazione di pannelli fotovoltaici, che in Italia ha riempito terreni, sottratti all’uso agricolo, di pannelli, senza che fossero noti gli eventuali benefici – né, tantomeno, la loro ripartizione.
    Un altro aspetto positivo delle comunità energetiche è rappresentato dal fatto che non c’è bisogno di trasportare altrove una parte dell’energia prodotta, tramite la creazione di nuove infrastrutture inquinanti, in quanto la stessa viene consumata localmente.
    La costruzione di comunità energetiche deve necessariamente coinvolgere cittadini ed associazioni. L’amministrazione comunale deve non soltanto costituirsi come socio, implementando soluzioni sostenibili a partire dagli edifici pubblici e dalle scuole, ma soprattutto fornire gli strumenti necessari alla realizzazione di tali comunità. Dunque la nostra proposta è quella di istituire a livello comunale la figura di facilitatore di comunità energetiche, a disposizione delle comunità per le questioni giuridiche e tecniche. Il Comune di Parma è inoltre da luglio scorso socio di AESS (Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile) che fornisce da anni consulenze, senza scopo di lucro, proprio in questo ambito (per le comunità energetiche, il riferimento è il progetto GECO a Bologna). Questa risorsa va condivisa con cittadini e associazioni per incentivare la formazione di soluzioni e comunità energetiche.

    Infine, l’amministrazione comunale deve assicurarsi un dialogo continuo con l’Università di Parma e con le imprese, per portare a sintesi ogni singolo contributo alla transizione verso la sostenibilità.

    1. Quali strategie e risorse intendete mettere in campo per realizzare gli impegni assunti dal Comune con la dichiarazione di emergenza climatica, finora disattesa? Nello specifico, qual è la vostra visione sul tema dell’adattamento al cambiamento climatico, con particolare riferimento ai fenomeni estremi che ci toccano quotidianamente come siccità, ondate di calore, eventi alluvionali?

    Da quando è nato, Potere al Popolo si dichiara ecologista e sostiene tutte le lotte ambientali, nella piena convinzione che la battaglia per la protezione della biosfera sia immediatamente azione di contrasto alle disuguaglianze sociali ed economiche, che si stanno sempre più inasprendo anche nella nostra realtà locale. In generale, dunque, la nostra visione è quella di aggredire le cause profonde del riscaldamento globale, proponendo politiche di mitigazione che salvaguardino i potenziali naturali di assorbimento di gas climalteranti – per esempio impedendo all’agribusiness di perseverare nelle proprie, criminali, pratiche di deforestazione. Allo stesso tempo, da una prospettiva più particolare, vediamo nelle politiche di adattamento uno strumento necessario e finalizzato alla riduzione del danno climatico – ormai, purtroppo, una realtà tangibile anche sul nostro territorio, come dimostra la drammatica secca del Po – specialmente sulle fasce più deboli e povere della popolazione.

    Per quanto riguarda la siccità, non possiamo che inquadrarla nel contesto di un nesso ormai conclamato, quello tra acqua e cambiamento climatico. In questo senso, il nostro primo impegno è quello di rendere finalmente reale l’esito del referendum del 2011, tornando ad una gestione pubblica dell’acqua, l’unica in grado di mettere i bisogni delle persone davanti al profitto delle imprese. Va infatti sottolineato che solo il controllo popolare delle risorse – attraverso l’Amministrazione – può garantire efficaci politiche sia di mitigazione sia di adattamento. Da un punto di vista pratico, ciò significa in primo luogo avere la possibilità di riparare quelle inefficienze infrastrutturali che determinano oggi una perdita del 40% di questa risorsa durante la distribuzione, prima ancora che durante il consumo.

    Una buona gestione della risorsa e il contrasto al cambiamento climatico significa anche supportare quel passaggio ad un’agricoltura sostenibile (appena inaugurato con la sigla del patto per il Biodistretto), che richiederebbe un uso più limitato e intelligente delle risorse idriche, oltre che una cura della biodiversità e del benessere del suolo, con un beneficio dell’intero ecosistema e contro fenomeni estremi. Allo stesso modo, vogliamo adoperarci per un drastico ridimensionamento dell’allevamento intensivo che massimamente consuma acqua e genera emissioni. In tutto questo l’amministrazione comunale può impegnarsi non solo mantenendo un dialogo con le associazioni che da anni studiano e portano avanti queste istanze, ma anche creando una figura apposita a livello comunale, cioè un delegato all’economia solidale.

    Le soluzioni di cui sopra valgono anche in contrasto ai fenomeni alluvionali e alle ondate di calore. Inoltre, sosterremo la riduzione del consumo di suolo, attraverso una profonda riduzione delle nuove costruzioni ed una riqualificazione e ri-condivisione dell’esistente. Infine, promuoveremo gli eventi di de-sigillazione del suolo di cui conosciamo già alcune proposte per la città di Parma.

    Un importante contributo al contrasto alle emissioni verrà dalle strategie rispetto ai trasporti, di cui sotto.

    1. Quali piani avete per la mobilità di Parma, importante fonte di emissione di CO2 e causa rilevante (anche se non unica) della pessima qualità dell’aria, che secondo gli scienziati provoca la morte prematura di centinaia di parmigiani ogni anno? Quali scelte intendete portare avanti in tema di infrastrutture di mobilità, ivi compreso l’aeroportoVerdi?

    Il nostro piano per la mobilità può essere pensato come una politica sociale. Essa, infatti, produrrà simultaneamente un risparmio economico per le classi popolari e un beneficio di natura ecologica. Riteniamo che sia indispensabile investire nella realizzazione di nuove piste ciclabili e soprattutto nell’incremento dell’offerta di servizio pubblico, rendendo la mobilità condivisa davvero accessibile a tutte e tutti. Pensiamo però che questo, da sé, non basti: occorre che si abbini ad un cambiamento nei tempi e nei modi di vita delle persone – cambiamento che dipende dalle possibilità lavorative e da un accesso ai servizi che assistono famiglie ed individui in tutte le necessità quotidiane. In questo senso le nostre proposte per la mobilità sostenibile sono anche quelle che riguardano i servizi alla cittadinanza e le condizioni contrattuali di chi lavora in ambito pubblico.

    Nell’ottica di una mobilità incentrata sui bisogni quotidiani delle persone, siamo fermamente contrari all’ampliamento dell’aeroporto Verdi: gli investimenti devono essere indirizzati verso sistemi sostenibili di trasporto, anche per le merci e su lunga distanza.

    Nel tema generale dell’inquinamento generato dalla mobilità, rientra anche la nostra proposta sulla filiera agricola, cioè quella di aumentare gli spazi e le possibilità di vendita dei prodotti locali e stagionali sostenibili dalla filiera corta, a partire dal loro uso per alimentare le mense scolastiche gestite dall’amministrazione comunale.

    La risposta di Enrico Ottolini di Europa Verde

    1. Con quali provvedimenti intendete promuovere il risparmio energetico e la transizione verso le fonti rinnovabili nel contesto pubblico e privato, residenziale e produttivo?

    La transizione alle fonti rinnovabili e il risparmio energetico devono essere la priorità dell’agenda politica, sia per ridurre le emissioni che per garantirci l’autonomia energetica.

    Il Comune di Parma può fare molto, innanzitutto promuovendo l’installazione di impianti fotovoltaici sui propri edifici, come le scuole e magazzini, e in altri spazi comunali. Penso ad esempio ai parcheggi, in particolare quelli scambiatori ma non solo. Sono aree che si prestano ad installare pensiline fotovoltaiche, come fatto ad esempio nel parcheggio della stazione di Fidenza. Queste pensiline, oltre a produrre energia e a poter alimentare colonnine di ricarica, garantiscono anche ombreggiamento nel periodo estivo, mitigando il surriscaldamento dei piazzali e delle auto in sosta.

    Il Comune può inoltre promuovere la costituzione di comunità energetiche per la condivisione e l’autoconsumo della produzione di energia degli impianti fotovoltaici. E può fornire consulenza e supporto alle famiglie per gli interventi di risparmio energetico nel settore residenziale, snellendo anche le pratiche amministrative. Negli interventi di rigenerazione urbana vanno inoltre introdotti standard per l’autosufficienza energetica e il bilancio zero delle emissioni di CO2, anticipando l’obiettivo al 2030 previsto dalla nuova direttiva europea in materia di efficienza energetica degli edifici.

    Nel fornire supporto e consulenza alle famiglie, ai condomini e alle imprese ritengo che un ruolo centrale debba svolgerlo ATES, l’Agenzia Territoriale per l’Energia e la Sostenibilità. L’amministrazione uscente voleva di fatto smantellarla facendola assorbire dall’Agenzia per l’energia di Modena. Noi crediamo che al contrario vada rafforzata, allargando la compagine sociale (oggi limitata a 6 Comuni), a tutti i Comuni della provincia e alla stessa Amministrazione Provinciale, in modo che possa essere di supporto anche per i piccoli Comuni del territorio

    1. Quali strategie e risorse intendete mettere in campo per realizzare gli impegni assunti dal Comune con la dichiarazione di emergenza climatica finora disattesa? Nello specifico qual’è la vostra visione sul tema dell’adattamento climatico con particolare riferimento ai fenomeni estremi che ci toccano quotidianamente come siccità, ondate di calore, eventi alluvionali?

    Le proiezioni degli scienziati, e anche semplicemente l’esperienza di questi ultimi anni, ci dicono che a causa del riscaldamento globale andremo incontro alla crescita di intensità e frequenza di fenomeni meteo estremi che, oltre a mettere a rischio le nostre produzioni agricole, colpiscono anche e soprattutto l’ambiente urbano (pensiamo agli allagamenti, alle ondate di calore) e hanno ripercussioni sulla qualità della vita e sulla salute delle persone, soprattutto quelle più fragili come gli anziani.

    Anche se anticipiamo l’obiettivo della neutralità climatica fissato dalla Unione Europea, sappiamo che ancora per alcuni decenni la temperatura continuerà a salire e che gli effetti di questo riscaldamento si faranno sentire. Oltre a ridurre le emissioni dobbiamo quindi anche adattarci ai cambiamenti climatici prendendo esempio dalle altre città europee che su questo punto si sono fortemente impegnate facendo degli interventi di adattamento una grande opportunità di riqualificazione e di miglioramento della vivibilità degli spazi urbani.

    In una città come Parma serve un potenziamento del verde urbano, completamente trascurato da questa amministrazione, sottraendo spazi all’asfalto e al cemento e incrementando la permeabilità. Si possono fare micro-interventi, lungo gli assi viari ad esempio, come su grandi superfici, parcheggi, aree dismesse. Le stesse pensiline fotovoltaiche citate prima sono un intervento di adattamento. Va inoltre realizzata una cintura di boschi urbani e dei corridoi verdi che colleghino la città alla campagna. Da questo punto di vista vedo con molto favore l’iniziativa del Km Verde promossa da alcune imprese di Parma. Investire nell’infrastruttura verde e nella de-impermeabilizzazione ha un duplice effetto: aumenta ombreggiamento ed evapotraspirazione riducendo la temperatura e l’effetto isola di calore che fa sì che in estate vi siano in città 4-5 gradi in più rispetto alla campagna; aumenta l’infiltrazione nel terreno quando piove riducendo così il rischio di allagamenti

    L’importante però che gli interventi di inverdimento e rimboschimento siano fatti bene, siano inseriti in un piano organico e soprattutto siano adeguatamente gestiti soprattutto nei primi anni di impianto, cosa che purtroppo non è stata fatta da questa amministrazione nei pochi interventi realizzati

    Quali piani avete per la mobilità di Parma, importante fonte di emissione di CO2 e causa rilevante (anche se non unica) della pessima qualità dell’aria, che secondo gli scienziati provoca la morte prematura di centinaia di parmigiani all’anno? Quali scelte intendete portare avanti in tema di infrastrutture di mobilità, ivi compreso l’aeroporto Verdi.

    Qui vado per punti:

    • il tema della mobilità e dell’inquinamento che ne consegue va affrontato a scala di area vasta, una grande quota del traffico proviene dagli spostamenti pendolari in entrata ed uscita dalla città;
    • occorre ridurre il traffico, aumentando l’efficienza di uso dei mezzi (car pooling) e fornendo valide alternative di spostamento: più ciclabili, meglio connesse, più sicure ed estese alle frazioni; più trasporto pubblico, razionalizzando percorsi e cadenzamenti e rafforzando le corsie preferenziali; più forme di mobilità condivisa (car-sharing); più pedonalizzazione riducendo il passaggio di veicoli in centro e sostituendolo con navette elettriche gratuite ad alta frequenza lungo gli assi est-ovest e sud-nord
    • occorre ridurre le emissioni dei veicoli: da questo punto di vista bisogna puntare con forza sulla mobilità elettrica, sia privata che del servizio pubblico. Tutti gli autobus entro la fine del mandato dell’amministrazione dovranno essere a trazione elettrica (abbiamo la fortuna di avere un’estesa rete filoviaria); va estesa e potenziata la rete delle colonnine di ricarica, garantendo anche ricariche gratuite con l’energia prodotta dagli impianti del Comune, nei parcheggi scambiatori, sull’esempio di Montechiarugolo.

    Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto vedo proposte del secolo scorso contraddittorie con gli obiettivi di sostenibilità e qualità dell’aria dichiarati: noi siamo fermamente contrari all’allungamento della pista dell’aeroporto per i voli cargo; e siamo contrari anche alla Via Emilia Bis, pur riconoscendo che va risolto il nodo di San Prospero. Sosteniamo invece con forza il trasporto su ferro: il raddoppio della Pontremolese che può diventare una metropolitana di bacino per tutta la Val Taro; l’elettrificazione della linea Parma-Piadenza, togliendo le motrici a diesel che impestano la stazione; l’incremento dei treni ad alta velocità per Roma: non serve una nuova stazione in linea, ma un maggiore utilizzo delle interconnessioni esistenti, come già avviene per la tratta verso Milano

    L’ambiente tra i principi fondamentali della Costituzione. Un’occasione da non sprecare.

    Con l’approvazione del Parlamento, è arrivata a compimento nei giorni scorsi la proposta di legge costituzionale in materia ambientale, che attende ora solo di essere promulgata dal Capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. All’articolo 9 della Costituzione è stata aggiunta la frase “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali” mentre il 41 è stato modificato come evidenziato di seguito “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

    In realtà la tutela ecosistemica non è del tutto sconosciuta al testo costituzionale, essendo stata inserita con la riforma del Titolo V del 2001 tra le materie oggetto di competenza dello Stato. Tuttavia, l’interesse paesaggistico che affiorava dalla suprema Legge si concentrava per lo più sulla promozione di interventi conservativi, diretti a preservare e custodire le peculiari bellezze storiche, artistiche e naturali tipiche del nostro territorio. Veniva evidenziato l’elevato valore estetico di tutti quei parchi, giardini, scorci e vedute panoramiche capaci di offrire all’uomo veri e propri – per dirla con Benedetto Croce – “entusiasmi spirituali”.

    La giurisprudenza costituzionale, assieme alla politica dell’Unione Europea, hanno fortemente contribuito all’evoluzione del significato di “paesaggio”, cogliendone soprattutto l’esigenza di interrelazione con l’uomo. Il paesaggio introdotto da Padri Costituenti non è semplicemente un “bel quadro” da ammirare e decantare, ma diviene un vero e proprio diritto fondamentale per il benessere della comunità contemporanea e per quella che verrà. Nonostante la trasversalità della nozione costituzionale finora sostenuta, viene evocata l’esigenza di indipendenza del concetto “ambiente” rispetto a quello di “paesaggio”. L’ambiente è qualcosa di mutabile, un bene estremamente fragile e sensibile all’attività umana, il cui equilibrio può facilmente alterarsi con conseguenze dannose per gli individui e la collettività.

    Come è noto, la questione ambientale ha assunto nel tempo una rilevanza via via crescente. Infatti, già con il d.lgs. 152/2006 (noto come “codice dell’Ambiente”), il legislatore si preoccupò di uniformare l’allora frammentata disciplina settoriale, mentre nel 2015 il Codice Penale vide l’introduzione di articoli specificatamente dedicati ai reati ambientali. L’attuale riforma costituzionale recepisce la necessità di offrire al tema ambiente una tutela che non sia solo repressiva ma, grazie all’inserimento tra i Principi Fondamentali, anche preventivo-precauzionale.

    Il nuovo testo costituzionale suggerisce alla nostra comunità un ripensamento del proprio modo di vivere e lavorare, più attento alle proprie azioni e scelte, tanto nell’attività economica quanto nel quotidiano, che tenga conto delle conseguenze che inevitabilmente si riversano sulla salute del pianeta, di chi lo abita oggi, e delle generazioni future.

    WWF Parma

    Dott.ssa Azzurra Capitoni